Cosmos 10 di 12 – I viaggi interstellari

 I viaggi interstellari

 

Aristarco si era trastullato con l’idea, molto audace, che le stelle fossero dei soli molto distanti, quindi se una stella fosse stata vicina come il Sole sarebbe dovuta apparire anche grande e lucente come il Sole. Infatti tutti sappiamo che un oggetto più è lontano più ci appare piccolo. Questa inversione di proporzioni tra grandezza apparente e distanza è la base della prospettiva in arte e in fotografia. Quindi ne consegue che più siamo lontano dal Sole e più esso ci appare piccolo e debole. Allora quanto dovrebbe essere lontano il Sole per apparirci piccolo e debole come una stella, o viceversa quanto dovrebbe essere piccolo, lì dove sta, per assumere l’aspetto di una stella?

Il primo esperimento per rispondere a questa domanda fu svolto nel 1600 dall’olandese Christian Huygens. Huygens praticò una serie di forellini in un disco di ottone e lo osservò contro il Sole. Poi, cercò quale dei forellini avesse la stessa lucentezza della stella Sirio, che egli aveva osservato la sera precedente. Stabilì che il forellino che corrispondeva era uno solo equivalente a 28 millesimi della grandezza apparente del Sole. Quindi Sirio, disse Huygens, deve essere 28.000 volte più lontana del Sole dalla Terra, il che equivale a circa mezzo anno luce. Non è facile ricordarsi la lucentezza di una stella dopo ore che l’avete osservata, ma Huygens se la ricordò molto bene. Infatti, se avesse saputo che Sirio è intrinsicamente più lucente del Sole, col suo sistema avrebbe avuto la risposta giusta. La distanza esatta di Sirio dalla Terra è di 8,8 anni luce.

Nel periodo tra Aristarco e Huygens l’uomo aveva già trovato la risposta alla domanda che mi aveva tanto affascinato quando ero ragazzo a Brooklyn, la domanda: cosa sono le stelle? La risposta è che le stelle sono dei soli molto potenti, distanti anni luce, immersi nello spazio interstellare. E intorno a quei soli ci saranno dei pianeti? E su quei pianeti, ci saranno degli esseri che si pongono le nostre stesse domande?

Mah. Consideriamo una stella e accanto ad essa un pianeta molto difficile a vedersi a causa della forte luminosità (della stella). Normalmente sarebbe molto difficile riuscire a vedere il pianeta perché la forte luce della stella lo fa scomparire. Però se riusciamo a mettere un corpo opaco tra noi e la stella, in modo da creare un eclisse artificiale, allora il pianeta diventa visibile. Questo è il sistema per vedere i pianeti che sono molto vicini a una stella.

È un metodo che verrà applicato alle sonde spaziali che, dotate di un disco, esploreranno il cielo per consentire a un telescopio di vedere se ci sono pianeti. Questo è uno dei metodi. Si prevede che, fra qualche anno, ci saranno delle sonde spaziali in grado di compiere missioni del genere. C’è anche un altro metodo che è già stato sperimentato dalla Terra.

Immaginiamo che ci sia una stella vicino a noi, visibile per la sua luminosità, accanto essa ha un pianeta, la cui luce riflessa è così debole che non si riesce a vedere. E immaginiamo che il pianeta e la sua stella si girino intorno a vicenda. Il metodo consiste nel vedere se il moto della stella è perturbato, infatti se è irregolare, allora siginifica che c’è un pianeta. Ecco, tutti e due i metodi vengono usati.

Le stelle più vicine, quelle che si vedono anche a occhio nudo, sono quelle che vengono chiamate i “vicini del Sole”, è il termine usato dagli astronomi. Si tratta di una zona molto limitata della Via Lattea. La Via Lattea è quella striscia luminosa che si vede attraverso il cielo nelle notti serene. Si tratta di cento miliardi di stelle tutte visibili insieme, lateralmente. Se potessimo osservare la Via Lattea dall’alto, dove sarebbero il Sole e le stelle più vicine a noi? Al centro, dove sembrano esserci i corpi più importanti o quantomeno più luminosi? No. Noi ci troviamo più o meno nella periferia della Galassia, non siamo in un posto importante. Il fatto che noi abitiamo nella periferia della Galassia fu scoperto verso la fine della prima guerra mondiale da un certo Harlow Shapley, mentre stabiliva le coordinate di certi ammassi di stelle.

Ognuno degli ammassi stellari è composto da diecimila stelle circa. Si chiamano ammassi globulari e, come si può vedere, sono disposti a cerchio intorno al nucleo centrale della Galassia. Un tempo si pensava che al centro della Galassia ci fosse il Sole, attribuendo alla nostra posizione un posto importante. Ma noi viviamo nella periferia come gli ammassi globulari. In seguito, si scoprì che questa non è la sola galassia esistente. Noi facciamo parte di questa Galassia, ma ci sono tante altre galassie. Ci sono molti tipi di galassie diversi tra loro. Esistono cento miliardi di altre galassie, ognuna delle quali è formata da qualcosa come cento miliardi di stelle. Quindi, pensate a quante stelle e pianeti e forme di vita possono esserci in questo universo meraviglioso e immenso.


L’uomo da quando esiste ha sempre cercato di scoprire che posto occupa nell’universo: dove siamo? Chi siamo? Abbiamo scoperto di vivere su un pianeta insignificante, attorno a un sole sperduto in una sperduta galassia in un angolino dell’universo. Ma possiamo dare noi un significato al nostro mondo, col coraggio dei nostri interrogativi e con la profondità delle risposte che diamo ad essi.

L’esplorazione fa parte della nostra natura, iniziammo da nomadi e siamo tuttora dei nomadi. Stiamo vagando nell’immenso mare dello spazio e del tempo. In questo mare gli eventi che plasmano il futuro danno vita a sè stessi. Trasportati dal nostro pianeta, noi giriamo intorno al Sole. Da quando esiste, la Terra ha compiuto più di quattro miliardi di giri intorno alla sua stella, a sua volta il Sole gira attorno al nucleo della Via Lattea, la nostra Galassia.

Da sempre noi siamo viaggiatori nello spazio e nel tempo. Ma intrappolati come siamo sulla Terra, possiamo dire ben poco su dove siamo diretti nel tempo e nello spazio e a che velocità. Una manciata di sabbia può contenere 10.000 granelli, più del numero totale delle stelle che riusciamo a vedere a occhio nudo in una notte serena, ma il numero totale delle stelle che riusciamo a vedere non è che una minima frazione del numero di stelle esistenti; quello che vediamo di notte non è che un’idea molto pallida di esso, che ci viene data dalle stelle più vicine e dalle stelle più lontane più brillanti, oltre le quali il nostro occhio non va. Ma il cosmo è ricco oltre ogni misura concepibile dall’uomo. Il numero totale di stelle nell’universo è superiore a quello di tutti i granelli di sabbia di tutte le spiagge della Terra messe insieme.

Nel passato prima di scoprire che le stelle sono dei soli molto lontani, ci sembrava che esse formassero delle figure. La costellazione che oggi chiamiamo Orsa Maggiore ha avuto molti altri nomi. Ogni cultura antica e moderna ha posto tra le stelle i suoi feticci e i suoi problemi, dal Burocrate Celeste dei cinesi al Carro dei tedeschi. Ma le popolazioni molto antiche vedevano costellazioni diverse dalle attuali, perché le stelle sono in continuo movimento. Se mettiamo in un computer le posizioni e i movimenti nello spazio delle stelle più vicine possiamo risalire nel tempo per vedere quali figure si formano. Ogni costellazione è come un singolo fotogramma di un film cosmico, ma data la lentezza del movimento delle stelle relativamente alla nostra breve vita, non possiamo accorgerci di questo movimento. Un milione di anni fa l’Orsa Maggiore non esisteva. I nostri antenati quando guardavano le stelle dell’emisfero Nord, vedevano altre figure su nel cielo. Possiamo, anche considerare una costellazione, per esempio quella del Leone, e proiettarla nel futuro per vedere quale figura sarà formata dalle sue stelle. Fra un milione di anni quella del Leone potrebbe essere ribattezzata la costellazione del Radiotelescopio, anche se ho il sospetto che i radiotelescopi saranno superati. Fra alcuni milioni di anni, le immagini saranno molto diverse.

Nella costellazione del cacciatore Orione le cose cambiano non solo perché le stelle si spostano, ma anche perché subiscono una loro evoluzione. Molte delle stelle di Orione sono calde, giovani e di vita breve. Nascono, vivono e muoiono nel breve periodo di qualche milione di anni. Se proiettiamo Orione nel futuro, vediamo decine di stelle nascere e morire in modo esplosivo, lampeggiando. Se ci inoltriamo nello spazio vediamo che, man mano, gli schemi formati dalle stelle cambiano. Le costellazioni a due dimensioni sono solo l’aspetto apparente di stelle distribuite su tre dimensioni.

Un viaggiatore nello spazio potrebbe realmente vedere le costellazioni cambiare forma? Per vederle, dovrebbe viaggiare con una distanza confrontabile con quella per osservare dalla costellazione. Gli abitanti dei pianeti che girano intorno alle altre stelle vedrebbero delle costellazioni diverse dalle nostre perché il loro punto di osservazione è diverso dal nostro.

Vicino alla costellazione di Perseo c’è quella di Andromeda. Andromeda, nella mitologia greca, era una vergine che fu salvata da Perseo da un mostro marino. Consideriamo la stella beta Andromedae, la seconda della costellazione per lucentezza, a 75 anni luce dalla Terra. La luce che ci arriva ora dalla stella impiega 75 anni reali per attraversare lo spazio interstellare e arrivare alla Terra. Nel caso improbabile che beta Andromedae sia esplosa una settimana fa estinguendosi, noi non sapremmo niente per altri 75 anni.

Come si vede, lo spazio e il tempo sono strettamente intrecciati. Non possiamo guardare fuori nello spazio senza guardare indietro nel tempo. La luce va ad una velocità altissima, ma lo spazio è incommensurabile e tra le stelle ci sono distanze enormi. In realtà le distanze di cui abbiamo parlato finora sono molto piccole in relazione ai normali standard astronomici. Infatti, la distanza dalla Terra al centro della Galassia della Via Lattea è di 30.000 anni luce. Dalla nostra Galassia alla più vicina galassia a spirale, come è la nostra, che si chiama M31 e che si trova dietro la costellazione di Andromeda, è di due milioni di anni luce. Quando la luce che vediamo oggi di M31 partì per il suo viaggio verso la Terra, gli esseri umani non esistevano. In astronomia ci sono distanze molto più grandi. La distanza dalla Terra alle più lontane delle quasar è di 8 o 10 miliardi di anni luce. I più veloci veicoli spaziali mai lanciati dalla specie umana, sono le sonde automatiche Voyager. La loro velocità è talmente alta che è solo 10.000 volte più lenta della velocità della luce. Esse impiegherebbero 40.000 anni reali per arrivare fino alla stella più vicina a noi.


Ma esiste un modo che ci consente di arrivare in un tempo più breve alle stelle? Potremmo mai avvicinarci alla velocità della luce? Potremmo anche superarla? In realtà c’è un qualcosa di molto strano nella velocità della luce, un qualcosa che ci fornisce la chiave per capire il tempo e lo spazio.

La storia di come fu scoperta questa chiave ci porta in Italia e precisamente in Toscana. Se avessimo percorso le strade toscane nell’estate del 1895, avremmo potuto incontrare uno studente liceale tedesco di sedici anni che aveva lasciato la scuola. Il suo professore gli aveva detto che non avrebbe mai concluso niente, che la sua condotta era un danno per la disciplina della classe e che, perciò, doveva andarsene. Così il ragazzo venne in Toscana dove passava il tempo per le strade e lasciava libera la mente di indagare nelle materie più disparate. Un giorno cominciò a riflettere sulla luce e sulla velocità a cui viaggia. Normalmente noi calcoliamo la velocità di oggetti in movimento rapportandolo a qualche altra cosa.

Per esempio, io mi muovo a 10 chilometri all’ora relativamente al suolo. Ma il suolo non è fermo, la Terra gira su sè stessa a più di 1.600 chilometri all’ora e inoltre si muove su di un’orbita intorno al Sole e il Sole a sua volta si muove tra le stelle che viaggiano anch’esse e così via. Era difficile per il ragazzo immaginare un qualche riferimento assoluto per calcolare tutti questi moti relativi. Egli sapeva che le onde sonore sono vibrazioni dell’aria e che la loro velocità si può calcolare in rapporto all’aria stessa. Ma quando la luce viaggia negli spazi, dove c’è assenza d’aria, le onde di luce si muovono in rapporto a qualcos’altro? E, se è così, egli si disse, in rapporto a cosa si muovono?

Quel ragazzo era Albert Einstein e le sue elucubrazioni cambiarono il mondo. Era rimasto affascinato dal libro popolare di scienze naturali di Berstein, pubblicato nel 1869. Il libro, proprio alla prima pagina, descrive l’incredibile velocità dell’elettricità attraverso i fili e della luce attraverso lo spazio. E fu proprio in Toscana che Einstein si chiese, forse per la prima volta, come sarebbe il mondo visto viaggiando alla velocità della luce. Se uno viaggiasse su un’onda di luce non se ne renderebbe conto assolutamente. Alla velocità della luce accadono dei fatti molto strani. Più Einstein rifletteva su questi problemi, più complicati essi diventavano. L’ipotesi di viaggiare alla velocità della luce creava un paradosso dopo l’altro. Certe teorie erano state accettate fino allora come assolute, senza un sufficiente approfondimento.

Una di queste teorie riguardava la luce proveniente da un oggetto in movimento. Le immagini, grazie alle quali vediamo il mondo, sono fatte di luce e sono trasportate alla velocità della luce, 300.000 chilometri al secondo. Si potrebbe quindi pensare che la mia immagine potrebbe precedermi alla velocità della luce più la velocità della bicicletta (supponendo che vada in bicicletta). Se io mi muovo verso di voi su una bicicletta più velocemente di un calesse trainato da un cavallo, la mia immagine dovrebbe raggiungervi con un anticipo pari alla differenza delle due velocità, cioè io dovrei arrivare prima. Ma nella realtà voi non noterete alcun scarto di tempo. Se, per esempio, stessimo per scontrarci, voi vedreste accadere tutto nello stesso momento. Ma cosa vedreste se fosse giusto sommare le velocità? Poiché io vengo verso di voi, voi sommereste la mia velocità a quella della luce, quindi, la mia immagine dovrebbe raggiungervi prima dell’immagine del cavallo e del calesse. Supponiamo che io venga verso di voi a velocità normale, a un certo punto io mi accorgerei che sto per scontrarmi e reagirei di conseguenza. Ma voi mi vedreste sbandare senza alcuna causa apparente. Il calesse, invece, non viene verso di voi, quindi la sua immagine vi arriva solo alla velocità della luce. È mai possibile che a me sembra di aver evitato uno scontro, mentre per voi non esistevano neanche le condizioni?

Neanche gli scienziati nei loro accurati esperimenti di laboratorio hanno mai osservato un fenomeno del genere. Se vogliamo capire il mondo, se vogliamo evitare questi paradossi della logica quando viaggiamo alle alte velocità, allora dobbiamo obbedire ad alcune regole.

Einstein chiamò queste regole “Teoria della Relatività Speciale”. La luce proveniente da oggetti in movimento viaggia sempre alla stessa velocità, sia che l’oggetto sia fermo o in movimento. Non aggiungerai la tua velocità alla velocità della luce. Inoltre nessuno oggetto può andare alla stessa velocità o superiore della luce. In fisica, nessuna legge impedisce di avvicinarsi anche molto alla velocità della luce, fino al 99,9 per cento di essa va tutto bene, ma per quanto uno possa tentare o fare non riuscerà mai a scavalcare questo valore. Perché il mondo abbia una coerenza logica deve per forza esserci un limite alla velocità cosmica. Perché la velocità della luce non si può superare come quella del suono?

La risposta non è solo che la luce va a una velocità superiore un milione di volte a quella del suono. Einstein scoprì il suo schema assoluto per il mondo. La luce si muove a quella velocità indipendentemente dalla velocità della sua fonte, la velocità della luce è costante relativamente a tutto il resto. Niente può mai raggiungere la luce.


La Toscana non è solo il luogo dove Einstein passò molto tempo a riflettere, ma è la patria anche di un altro genio che visse 400 anni fa: Leonardo da Vinci. Einstein aveva un gran rispetto di Leonardo. Oltre alle sue straordinarie e molteplici capacità in architettura, pittura, scultura, storia naturale, anatomia, geologia, ingegneria civile e militare, Leonardo aveva una passione, voleva costruire una macchina che potesse volare. Disegnò vari schizzi di una macchina del genere e ne fece dei modelli in miniatura e ne costruì dei prototipi a grandezza naturale. Ma, nessuno di essi funzionò. E la ragione principale è che a quei tempi non esisteva la tecnologia adatta. Leonardo rimase molto deluso per l’impossibilità di realizzare i suoi progetti. Ma questo avvenne non per colpa sua, lui era troppo in anticipo rispetto al suo secolo.

Qualcosa di simile accadde nel 1939, quando un gruppo di tecnici, autodefinitosi Società Interplanetaria Britannica decise di progettare una nave spaziale per trasportare le persone sulla Luna. Non aveva assolutamente niente in comune col progetto che, alcuni anni dopo, doveva effettivamente portare l’astronave Apollo sulla Luna. Ma quell’iniziativa ebbe, comunque, il merito di suggerire che arrivare sulla Luna era prima o poi tecnicamente possibile.

Oggi noi abbiamo alcuni progetti preliminari di navi spaziali che dovranno portare l’uomo fino alle stelle. Verranno montate nello spazio in un’orbita terrestre e da lì esse partiranno verso i loro grandi viaggi interstellari. Uno di questi progetti si chiama Orione. Orione utilizza armi nucleari, cioè l’esplosione di bombe all’idrogeno contro una lastra inerte. Ogni esplosione deve provocare una spinta enorme. Il progetto Orione appare di estrema praticità e negli Stati Uniti era in fase di studio avanzato finchè non venne firmato il trattato internazionale che vieta ogni forma di esplosione nucleare nello spazio. Personalmente, considero l’astronave Orione come il miglior modo per usar le armi nucleari.

Il progetto Dedalus è un’iniziativa della Società Interplanetaria Britannica. Esso presume l’impiego di un reattore nucleare a fusione, che è molto più sicuro ed efficiente degli impianti a fissione nucleare oggi esistenti. Non abbiamo ancora reattori a fusione, ma in un futuro molto prossimo li avremo. Le astronavi Orione e Dedalo potrebbero viaggiare al 10 per cento della velocità della luce. Quindi, un viaggio fino ad Alpha Centauri, distante 4 anni luce, durerebbe 45 anni, meno della vita umana. Queste astronavi non viaggerebbero abbastanza vicino alla velocità della luce, per dar importanza al fenomeno della dilatazione del tempo previsto dalla Teoria della Relatività Speciale.

È improbabile che astronavi del genere possano essere costruite per la metà del prossimo secolo, tuttavia potremmo costruire delle astronavi del tipo Orione anche ora. Per i viaggi oltre le stelle più vicine, dovremmo potenziarle e forse potrebbero diventare le astronavi di molte generazioni, considerato che quelli che arriverebbero alle stelle più lontane sarebbero i pronipoti di quelli partiti dalla Terra alcuni secoli prima. Oppure bisognerebbe scoprire un sistema di ibernazione umana assolutamente sicuro, in modo da ibernare i viaggiatori spaziali per poi chiamarli alla vita una volta che fossero arrivati a destinazione secoli dopo.

Ma i viaggi interstellari ad alta velocità, prossimi alla velocità della luce, sono molto più difficili. Non è un obiettivo raggiungibile in un centinaio di anni, ma forse in un migliaio, magari 10.000. Tuttavia anch’essi sono possibili. È stato progettato una specie di stato-reattore interstellare che raccoglie gli atomi di idrogeno diffusi nello spazio interstellare. Li convoglia accelerandoli e li espelle dal retro. Ma nello spazio profondo c’è un solo atomo per ogni 10 centimetri cubici di spazio e lo stato-reattore per poter funzionare deve avere un imbuto frontale largo centinaia di chilometri. Quando l’astronave raggiunge velocità relativistiche, gli atomi di idrogeno si mettono in movimento a una velocità vicino a quella della luce rispetto all’astronave stessa. E se non sono state prese le opportune precauzioni, i viaggiatori verrano arrostiti da questi raggi cosmici prodotti. È stata proposta una soluzione, l’impiego di un laser per strappare gli elettroni dagli atomi e caricarli elettricamente, quando sono ancora a una certa distanza e poi, servendosi di un campo magnetico di grandissima potenza, deviare questi atomi carichi nell’imbuto frontale allontanandoli dal corpo dell’astronave. Si tratta di un’ingegneria di dimensioni che non hanno precedenti sulla Terra. Stiamo parlando di motori grandi come tutto il mondo.

Supponiamo che l’astronave sia progettata per accelerazioni di 1g, quindi non subiremo alcun disturbo. Ci avviciniamo sempre di più alla velocità della luce fino a metà del nostro percorso. Arrivata qui, l’astronave fa un dietro front e continua accelerando di 1g fino a destinazione. Per la maggior parte del percorso, viaggeremo molto vicino alla velocità della luce e il tempo rallenterebbe enormemente. Ma di quanto? La stella di Barnard, per esempio, potrebbe essere raggiunta in 8 anni tempo di bordo. Il centro della Galassia della Via Lattea può essere raggiunto in 21 anni, la galassia di Andromeda in 28 anni circa. È ovvio che le persone rimaste sulla Terra vedrebbero le cose ben diverse. Dopo i 21 anni per arrivare al centro della Galassia, sulla Terra ci sarebbero solo i discendenti delle persone che abbiamo lasciato alla partenza. In linea di principio, un tale viaggio aumentando la velocità verso quella della luce, potrebbe consentirci di circumnavigare l’universo in soli 56 anni, tempo di bordo. Ci inoltreremo per decine di miliardi di anni nel futuro più remoto, mentre la Terra sarebbe già cenere e il Sole spento. I voli spaziali relativistici rendono l’universo accessibile alle civiltà avanzate e progredite, ma soltanto per coloro che viaggeranno non per quelli che restano a casa.

Questi progetti sono, molto probabilmente, più lontani delle vere astronavi interstellari del futuro di quanto i grandi modelli di Leonardo lo fossero dagli aerei supersonici del presente. Ma se noi riusciremo a non distruggerci, io sono convinto che un giorno potremo arrivare alle stelle. I viaggi nello spazio e quelli nel tempo sono collegati tra loro, viaggiare velocemente nello spazio equivale a viaggiare nel futuro. Noi viaggiamo nel futuro continuamente, anche se lentamente.

E che dire del passato? Potremo viaggiare nel nostro ieri? Molti fisici sostengono che è fondamentalmente impossibile, che non esiste alcun modo di costruire un congegno capace di trasportarci all’indietro nel tempo. Qualcuno dice che se anche inventassimo un congegno del genere, non trarremmo comunque dei vantaggi perché non potremo modificare il passato. Per esempio, supponiamo che voi viaggiate nel passato e che in qualche modo riuscite ad impedire che i vostri genitori si conoscano. In questo caso, voi, probabilmente, non sareste potuti nascere, il che è in evidente contraddizione visto che ora siete lì. Altri ancora pensano che le due vicende di vita alternativa possano coesistere, che siano due trame parallele che si intrecciano nel tempo, che possono cioè esistere fianco a fianco, sia la storia nella quale voi non siete mai nati sia la storia di cui siete protagonisti.

Forse il tempo stesso ammette dimensioni potenziali, nonostante il fatto che noi siamo condannati a sperimentare solo una di queste dimensioni. Ora supponiamo di poter tornare indietro nel passato e cambiamo veramente con un intervento, per esempio, di convincere la regina Isabella a non finanziare l’impresa di Cristoforo Colombo. Quindi mettereste in moto una sequenza di avvenimenti storici differenti, che tutte le persone che avete lasciato nella nostra epoca non avrebbero mai modo di conoscerci. Se fosse davvero possibile viaggiare indietro nel tempo, ogni sequenza immaginabile di avvenimenti o di storia alternativa potrebbe esistere nella realtà.

Se disponessimo della macchina del tempo di H.G.Wells, forse, potremmo capire il vero meccanismo della storia. Se un personaggio della storia come Paolo l’apostolo o Pietro il Grande o Pitagora non fosse mai esistito, quanto sarebbe diverso in realtà l’uomo? Cosa sarebbe accaduto se il metodo scientifico e sperimentale avesse avuto una spinta rigorosa nei primi anni della rivoluzione industriale o se l’importanza di questo nuovo indirizzo di pensiero, il metodo scientifico, fosse stato universalmente accettato? Io credo che avremmo guadagnato 10 o 20 secoli. Forse, le invenzioni di Leonardo da Vinci sarebbero state fatte con un migliaio di anni in anticipo e le scoperte di Albert Einstein 500 anni fa. Forse. Non sarebbero state, certo, le stesse persone a portare questo contributo alla scienza, perché esse sono vissute nella nostra fetta di tempo.

Continuo…

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