Cosmos 2 di 12 – La vita nello spazio

La vita nello spazio

 

Una domanda che molti si pongono è se al di fuori dalla Terra esista la vita. Ci sarà vita su quegli innumerevoli pianeti che orbitano intorno ad altri soli simili al nostro? Eventuali esseri di altri mondi potrebbero somigliarci? Potrebbero essere diversi addirittura in modo sorprendente. Di che materia sarebbero fatti? La natura della vita sulla nostra Terra e l’interrogativo circa la vita al di fuori di essa sono due aspetti della stessa domanda. La domanda è: cosa rappresentiamo nel cosmo?

Sulla Terra qualsiasi materia vivente è formata da molecole organiche, una complessa costruzione microscopica incentrata su atomi di carbonio. Anche nel grande buio tra una stella e l’altra ci sono molecole organiche, racchiuse in immense nubi di gas e polveri. All’interno di queste nubi ci sono gruppi di mondi in via di formazione. Le loro superfici sono, con molta probabilità, ricoperte da molecole organiche. Queste molecole quasi certamente non sono materia vivente, anche se sono l’essenza della vita. Nell’ambiente adatto, potrebbero sfociare in forme di vita. La materia organica abbonda in tutto il cosmo, perché è prodotta dovunque dagli stessi processi chimici. Forse, dandole il tempo necessario la vita nascerebbe e si evolverebbe, inevitabilmente, su ogni mondo dall’ambiente adatto.

Ci saranno certamente dei pianeti troppo ostili alla nascita della vita; su altri, invece, può darsi che essa nasca o che non riesca mai ad evolversi oltre le sue forme più semplici. Altre ancora potrebbero, addirittura, essersi evolute in forme di intelligenza o civiltà più progredite della nostra. Sul nostro pianeta tutte le forme di vita sono strettamente collegate tra loro. Hanno in comune la stessa chimica organica e materiale ereditario. Di conseguenza i nostri biologi hanno dei limiti ben precisi, come tappa di studio hanno un’unica biologia, un unico tema nella musica della vita.


Come sono nate la prima volta le molecole organiche? Come ha fatto la vita ad evolversi sino a produrre esseri sofisticati e complessi come noi, capaci di indagare nel mistero del nostro stesso intimo? Voglio raccontarvi una storia, una piccola frase musicale nel grande concerto della vita sulla Terra.

Nel corso della sua storia il Giappone fu governato, nel XII sec., da un clan di guerrieri chiamati Eitiè. Il capo simbolico degli Eitiè, che era anche imperatore del Giappone, era un bambino di sette anni di nome Antò, la sua tutrice era la nonna. I guerrieri Eitiè si impegnarono in una lunga e sanguinosa guerra contro un altro clan. Tutti e due i clan rivendicavano un maggiore diritto ereditario al trono imperiale. Lo scontro decisivo avvenne a Katmurà nel mar del Giappone il 24 aprile del 1185. Gli Eitiè, inferiori per numero e capacità guerriere, furono decimati; sconfitti senza possibilità di rivincita, gli Eitiè sopravvissuti si gettarono in mare e morirono annegati. La nonna dell’imperatore disse che né il nipote e né lei si sarebbero fatti catturare, quello che avvenne dopo è descritto nel libro “La storia degli Eitiè”. Il piccolo imperatore chiese alla nonna “Ora dove mi porti”, lei si voltò verso il re-bambino e gli disse “Il nostro regno è nelle profondità dell’oceano”, mentre le lacrime le scorrevano giù per le guance e lo consolò. Accecato dalle lacrime, il re-bambino unì le sue piccole splendide manine in segno di preghiera. Prima si volse a oriente per salutare un dio e poi a occidente per recitare una preghiera. La nonna, dopo averlo preso tra le braccia, si lanciò in mare con il nipotino e tutti e due scomparvero sotto le onde. La distruzione dei guerrieri Eitiè segnò, anche, la fine del clan dopo 30 anni di dominio e la sua completa scomparsa dalla storia.
Solo 43 componenti del clan sopravvissero alla sconfitta, tutte donne. Queste ex cortigiane e dame di compagnia della corte imperiale furono ridotte a vendere fiori e favori, anche di altro tipo, ai pescatori che vivevano nella zona dove si era svolta la battaglia. Queste donne, con figli che avevano avuti dai pescatori, istituirono una cerimonia annuale per ricordare la battaglia. E, ancora oggi, il 24 aprile di ogni anno i loro discendenti si recano in processione al tempio di Atama, all’interno del quale c’è il mausoleo dedicato ad Antò, l’imperatore di sette anni morto annegato. Lì si svolge, anche, una cerimonia commemorativa della vita e della morte dei guerrieri Eitiè.

Ma, questa storia ha uno strano seguito. Oggi, i pescatori del luogo sostengono che i guerrieri Eitè vagano sul fondo del mare sottoforma di granchi. Infatti, si trovano dei granchi che hanno strani pinne sul dorso, impronte che fanno pensare a un viso umano con l’espressione aggressiva. I granchi quando vengono pescati, poi vengono rimessi in mare, in ricordo dei tragici avvenimenti e la battaglia tra i due clan.

Questa leggenda solleva un problema affascinante, come può accadere che il viso di un guerriero sia scolpito sul guscio di un granchio giapponese? La risposta potrebbe essere che questa faccia è opera degli uomini; ma come? Insieme ad altre caratteristiche, l’immagine che appare come il viso di un uomo scolpito sul dorso di questi granchi, è ereditata. Ma anche tra i granchi come tra gli uomini ci sono linee ereditarie. Ora supponiamo che, per un caso qualsiasi, tra i più lontani antenati di questi granchi ce ne fosse uno che assomigliava appena un pochino a un viso umano. Così, molto prima della battaglia, ai pescatori potrebbe aver fatto impressione mangiare un granchio che somigliava a un uomo. Ed ecco che con il passare degli anni, si creò un processo di selezione, cioè se c’era un granchio con un guscio dall’aspetto normale gli uomini lo mangiavano; però, se ricordava vagamente l’aspetto umano allora veniva buttato in mare. Con il passare delle generazioni, i granchi con una immagine sul dorso che somigliava alla faccia di un samurai potevano sopravvivere più degli altri. Finché dopo secoli, il dorso non somigliava più a una faccia normale, neanche a una faccia giapponese, ma alla faccia di un guerriero samurai. Tutto questo non ha niente a che fare con quello che i granchi possono volere, la selezione è un fenomeno indotto dall’esterno.

Questo processo si chiama selezione naturale. Gli uomini per migliaia di anni hanno deliberatamente selezionato i tipi di piante e animali che dovevano vivere. Siamo circondati da animali domestici, prodotti vegetali. Da dove provengono questi animali? Vivevano già nel loro attuale aspetto allo stato selvaggio e un po’ alla volta hanno preferito una vita meno libera, ma meno dura, nelle fattorie? No. Essi sono, per una buona parte, un prodotto dell’uomo. L’essenza della selezione artificiale per un cavallo o una mucca o qualsiasi altra cosa è questa: l’ereditarietà di molte caratteristiche che portano a una specie unica. Gli uomini incoraggiano la riproduzione di alcune specie e scoraggiano la riproduzione di altre. La specie selezionata a favore finisce con l’aumentare, la specie selezionata a sfavore diminuisce e può anche estinguersi. Ma se la selezione artificiale provoca simili mutamenti solo in poche migliaia di anni, cosa produce la selezione naturale che lavora da miliardi di anni?

La risposta è in tutta la bellezza e la diversificazione del mondo biologico. Che la vita si sia evoluta attraverso i millenni è evidente. L’analisi dei fossili ci indica, senza ombra di dubbio, che le creature enormi, un tempo presenti, ora sono scomparse completamente. Oggi sono molto più le specie che si sono estinte di quelle che esistono. Esse sono degli esperimenti completati dell’evoluzione.

I primi ominidi che apparvero sulla Terra seicento milioni di anni fa, ci restarono per 200 milioni di anni e ora sono spariti tutti. Che il meccanismo dell’evoluzione sia nella selezione naturale fu la grande scoperta di Charles Darwin. Ecco come funziona. La natura è prolifica, nascono molte più creature di quante non abbiano la possibilità di sopravvivere. Così quelle specie che sono, per un capriccio, meno adatte a vivere non sopravvivono o quanto meno sono poco prolifiche. Ora le mutazioni, gli improvvisi cambiamenti nell’ereditarietà diventano stabili, si trasmettono, l’ambiente seleziona quei mutamenti occasionali che favoriscono la sopravvivenza e la conseguente serie di cambiamenti nella struttura degli esseri viventi è l’origine delle nuove specie. Per comprendere il passaggio delle ere cosmiche, abbiamo compresso tutto il tempo in un anno cosmico, che ha per inizio il primo gennaio, la grande esplosione o Big Bang. Nel calendario cosmico ogni mese corrisponde a poco più di un miliardo di anni, la Terra si è formata quando l’anno cosmico era arrivato a 2/3; la nostra conoscenza della storia della vita è molto recente, ed è compresa solo negli ultimi secondi del 31 dicembre.

Nei suoi dettagli, la storia della vita sulla Terra è, probabilmente, unica in tutta la Galassia della Via Lattea. La vita sulla Terra è nata nel settembre dell’anno cosmico, quando il nostro mondo, ancora turbato e sconvolto dalla sua violenta origine, somigliava un pò alla nostra Luna. La Terra ha un’età di circa 4 miliardi e mezzo di anni, per il calendario cosmico essa si è formata da condensazioni di gas interstellare e pulviscolo, intorno al 14 settembre. Noi sappiamo dall’analisi dei fossili, che la vita si è originata dopo questo tempo, diciamo verso il 25 settembre, probabilmente nell’aria o negli oceani dell’era primordiale.

Le prime forme di vita non avevano niente di così complesso come gli organismi unicellulari che sono già forme di vita molto sofisticate. I primi embrioni di vita sulla Terra erano estremamente più semplici e si produssero a livello molecolare. In quell’era primordiale i fulmini e i raggi ultravioletti del Sole scomposero e frantumarono le molecole semplici sature di idrogeno che erano nell’atmosfera e i frammenti di queste molecole cominciarono a ricomporsi spontaneamente formando, in questo modo, altre molecole molto più complesse.

I prodotti di questa chimica primordiale si dissolsero megli oceani formando una sorta di liquido organico di complessità gradualmente crescente. Finché un giorno, unicamente per caso, venne fuori una molecola capace di riprodurre copie di sè stessa utilizzando come materiale le altre molecole presenti nel liquido. Questa molecola fu l’antenata del DNA. Il DNA è la molecola principale della vita sulla Terra, è formata da 4 diverse parti molecolari chiamate nucleotidi, i quali costituiscono le quattro lettere del codice genetico, il linguaggio dell’ereditarietà. Oguno di questi nucleotidi, che sono i pioli della scala del DNA, hanno colore diverso. Le istruzioni che essi diramano variano per ogni organismo, ecco perché gli organismi sono diversi tra loro. Le mutazioni sono dei cambiamenti dei nucleotidi, una specie di disobbedienza delle leggi genetiche, molte mutazioni comportano delle assurdità genetiche, come c’è da aspettarsi perché avvengono senza ordine e non influiscono sulla generazione successiva. Ma alcune anche se poche, sia pure per caso, hanno molto più senso delle istruzioni originarie.

Quattro miliardi di anni fa gli antenati del DNA si contendevano i materiali molecolari da costruzione che abbandonavano le copie grezze di sè stesse. Non esistevano predatori, la materia vitale era ovunque, così gli oceani e i laghi erano per quelle molecole un giardino dell’Eden; con la riproduzione, le mutazioni e la selezione naturale l’evoluzione delle molecole viventi era già in fase avanzata. Alcune varietà di molecole, con funzioni specifiche, finirono con l’unirsi formando un agglomerato, la prima cellula.

Nel frattempo, l’evoluzione delle piante aveva progredito, perché esse erano in grado di utilizzare la luce del Sole per creare il proprio materiale. Alcune piante unicellulari si unirono formando i primi organismi multicellulari.

Altrettanto importante fu l’invenzione, realizzata ai primi di novembre, del sesso. Il primo dicembre, le piante verdi avevano liberato nell’atmosfera grosse quantità di ossigeno e di azoto. Poi improvvisamente, il 15 dicembre ci fu un enorme proliferazione di nuove forme di vita. Sappiamo dall’esame dei fossili, che la vita nacque subito dopo la formazione della Terra, il che fa pensare che l’origine della vita potrebbe essere un inevitabile processo chimico su infiniti pianeti simili alla Terra sparsi per il cosmo.

Ma sulla Terra in circa 4 miliardi di anni, la vita non ha progredito oltre le alghe, quindi può darsi che le forme di vita più complicate siano, anche, più difficili ad evolversi. Se questo è vero, i pianeti della Galassia potrebbero essere pieni di microorganismi, mentre i vegetali e gli esseri pensanti potrebbero essere più rari.

Il 18 dicembre c’erano grandi quantità di trilobiti, che si nutrivano sul fondo degli oceani. I primi vertebrati apparvero il 19 dicembre, le piante cominciarono a diffondersi il 20 dicembre; i primi insetti alati cominciarono a svolazzare il 22 dicembre. E in questa stessa data apparvero i primi anfibi, creature capaci di vivere sia sulla terra che nell’acqua.

I diretti progenitori dell’uomo cominciavano a lasciarsi alle spalle gli oceani. I primi alberi e i primi rettili nacquero il 23 dicembre, erano due sorprendenti forme di evoluzione. Noi uomini discendiamo da alcuni di questi rettili. I dinosauri fecero la loro apparizione la vigilia di Natale (24 dicembre); ce ne erano diversi tipi, la Terra era soltanto loro. Molti dinosauri camminavano eretti ed erano dotati di una certa intelligenza. Ignorati dai dinosauri, fecero la loro prima comparsa delle nuove creature, i cui figli nascevano già formati e indifesi, erano i primi mammiferi, che apparvero il 26 dicembre. Il giorno seguente nacquero i primi uccelli. Ma la Terra era ancora dominio incontrastato dei dinosauri, poi, all’improvviso su tutto il pianeta, i dinosauri si estinsero. Le cause sono rimaste ignote. I dinosauri si estinsero nel periodo in cui apparve il primo fiore.

Il 30 dicembre comparvero le prime creature che avevano un aspetto vagamente umano, caratterizzate da un ben visibile aumento della grandezza del cervello. Infine, la sera del 31 dicembre nacquero le prime vere creature umane. Tutta la storia umana documentata occupa soltanto gli ultimi 10 secondi dell’anno cosmico.


Diamo un’occhiata più da vicino ai nostri antenati. Un semplice fenomeno chimico portò ad uno dei momenti più grandi della storia del nostro pianeta. In quel liquido organico primordiale c’erano molti tipi di molecole, alcune di esse erano, da un lato, attratte dall’acqua e invece respinte, dall’altro. Questo fatto le portò ad unirsi, e a formare un sottile guscio sferico, come una bolla di sapone. Dentro questa bolla gli antenati del DNA trovarono una sede e nacque la prima cellula. Ci sono volute centinaia di milioni di anni perché le piante più piccole si evolvessero e sprigionassero ossigeno.

Batteri in grado di respirare ossigeno impiegarono più di un altro miliardo di anni per completare l’evoluzione. Da un nucleo vuoto, si sviluppò una cellula con un nucleo all’interno. Alcune di queste forme simili all’ameba, produssero a un certo punto le piante. Altre, produssero delle colonie che avevano all’interno e all’esterno cellule che espletarono funzioni diverse. Il tutto divenne un polipo, che filtrava il proprio cibo dall’acqua e che sviluppava dei piccoli tentacoli per incanalare il cibo in una specie di bocca primordiale. Da questo nostro umile antenato derivarono altri animali dalla pelle spinosa e corazzata, dotati di organi interni, compresa una nostra cugina la stella marina. Ma noi non deriviamo dalla stella marina.

Circa 550 milioni di anni fa gli organi che filtravano il cibo svilupparono delle fessure branchiali; un ramo evolutivo produsse alcuni rettili marini, un altro ramo produsse delle creature che, allo stato di larve, nuotavano liberamente. Ma una volta cresciute rimanevano ancorate saldamente al punto della terra. Alcune presero una forma cilindrica, ma altre mantennero la forma di larve per tutto il ciclo vitale, mantenendo la libertà di nuotare anche da adulti sviluppando una specie di spina dorsale.

I nostri antenati, 500 milioni di anni fa, erano pesci senza mandibole che filtravano il nutrimento dall’acqua. Naturalmente questi pesciolini svilupparono gli occhi e le mandibole. I pesci cominciarono a mangiare altri pesci, sopravviveva chi era più veloce a nuotare. Avendo ora delle mandibole per mangiare, i pesci cominciarono a usare le branchie per respirare l’ossigeno dall’acqua. E così si è arrivati ai pesci attuali. In estate, laghi e paludi si prosiugavano, così alcuni pesci svilupparono una sorta di polmone primitivo per respirare aria fino all’arrivo delle piogge. Il loro cervello aumentava di grandezza. Se le piogge non arrivavano, divenatava necessario trascinarsi fino alla palude più vicina. Fu un momento molto importante dell’evoluzione. Nacquero i primi anfibi con la coda, ancora, da pesce. Gli anfibi, come i pesci, depositavano le uova in acqua, dove erano facile preda. Ma si comincia allora una nuova splendida innovazione: l’uovo dal guscio duro che veniva depositato a terra, dove non c’erano ancora predatori. I rettili e le tartarughe risalgono a quei giorni.

Molti rettili che nascevano sulla terra, non tornarono mai più in acqua; alcuni di essi divennero dinosauri. Un ramo dei dinosauri sviluppò peli e piume, adatto a voli brevi; oggigiorno, gli unici discendenti dei dinosauri sono gli uccelli. I grandi dinosauri si evolvettero lungo un altro ramo, alcuni divennero i più grandi carnivori mai vissuti. Ma 65 milioni di anni fa morirono tutti misteriosamente.

Nel frattempo i predecessori dei dinosauri si stavano anch’essi evolvendo in un’altra direzione: animali più piccoli e feroci, con i piccoli che crescevano nel corpo della madre. Dopo la scomparsa dei dinosauri, si svilupparono molte forme derivate diverse. I piccoli nati dei marsupiali e dei mammiferi, in genere, erano molto immaturi al momento della nascita. Bisognava insegnargli a sopravvivere. Il cervello aumentò ancora di grandezza. L’antenato di tutti i mammiferi fu una specie di topo-ragno. Un gruppo prese a vivere sugli alberi, sviluppando doti come l’agilità, la visione stereoscopica, cervello ancora più grande e interesse per l’ambiente circostante. Alcuni divennero gli attuali babbuini, ma non era la linea che portò all’uomo. Le grandi scimmie e l’uomo hanno degli antenati in comune abbastanza recenti, non si trovano grandi differenze tra di loro. Al contrario dello scimpanzè, gli antenati dell’uomo camminano eretti con le mani libere per difendersi, lavorare, conoscere. Poi progredirono ancora. Cominciarono a parlare. Molti rami collaterali della famiglia umana si sono estinti negli ultimi milioni di anni, noi, invece, siamo sopravvissuti.

C’è un filo ininterrotto che parte dalle prime cellule, di cui parlavamo, e arriva a noi. Possiamo rappresentare, graficamente, l’evoluzione come una perenne ramificazione di un tronco originale, dove ogni ramo viene potato e sfrondato dalla selezione naturale. L’uomo deriva da un solo ramo del tronco, ma ora influenza tutti i rami dell’albero, vecchi di 4 miliardi di anni. La razza umana si è evoluta sugli alberi e attorno a essi, l’uomo ha un’affinità naturale con gli alberi. Gli alberi producono la fotosintesi, assorbono la luce del Sole. Ci sono talmente tante piante sulla Terra, che uno è pericolosamente indotto a considerarle come cose banali o a perdere di vista la complessità dell’efficienza della loro struttura.

Le piante si servono dei carboidrati, che producono, come fonte di energia per continuare il loro ciclo vegetale. E gli animali, compreso l’uomo sono dei parassiti delle piante. Mangiando le piante e i loro frutti, noi combiniamo i carboidrati con l’ossigeno, che dissolviamo nel sangue attraverso la respirazione. Da questa reazione chimica, noi ricaviamo l’energia che ci fa muovere. In questo processo, noi espiriamo biossido di carbonio o anidride carbonica, che le piante poi usano per produrre altri carboidrati. Tutto il ciclo viene reso attivo dalla luce del Sole. Ma l’anidride carbonica sarebbe presente nell’aria anche senza gli animali, noi abbiamo bisogno delle piante molto più di quanto esse non ne abbiano di noi.

Tra gli organismi che vivono sulla Terra, ci sono molte affinità di tipo familiare, alcune sono molto evidenti, come ad esempio il ritorno periodico del numero 5. Gli uomini hanno 5 espressioni principali del corpo: una testa, due braccia, due gambe. E così le anatre, anche se le funzioni delle loro estensioni non sono proprio le stesse. Invece, un polipo o un centopiedi hanno una struttura diversa, una creatura di un altro pianeta potrebbe essere addirittura ancora più diversa. Queste affinità familiari continuano su un piano molto più profondo, quando arriviamo alle basi molecolari della vita.

Esistono decine di miliardi di specie differenti di molecole organiche e tuttavia, soltanto una cinquantina di esse vengono usate per i meccanismi essenziali della vita. Se esaminiamo la vera essenza della vita sulla Terra, cioè le proteine che controllano la chimica delle cellule, la spirale o elica degli acidi nucleici portatori dell’informazione ereditaria, vediamo che queste molecole sono assolutamente identiche in tutte le piante e gli animali del nostro pianeta.

Ma come mai c’è una somiglianza così sorprendente, a livello molecolare, tra noi esseri umani e tutti gli altri esseri viventi sulla Terra? La spiegazione più consueta è che noi tutti sulla Terra siamo discendenti di una unica comune causa, che ha dato origine alla vita 4 miliardi di anni fa. Ora, come ha fatto la molecola della vita a nascere?

In un laboratorio dell’Università di Cornell, misceliamo gas e acqua uguali a quelli della Terra primordiale, aggiungiamo energia e vediamo se riusciamo a far nascere la vita. Ma com’era fatta l’atmosfera primordiale? Se facciamo l’esperimento con l’aria come è oggi, l’esperimento è destinato a fallire. Perché l’esperimento con l’aria di oggi non riesce? Perché l’aria di oggi contiene ossigeno molecolare, ma l’ossigeno è prodotto dalle piante ed è ovvio che prima che nascesse la vita le piante non esistevano. Quindi non dobbiamo usare ossigeno nell’esperimento perché nell’atmosfera primordiale non ce ne era. Questo fatto è assolutamente logico, perché il cosmo è composto soprattutto da idrogeno che divora l’ossigeno. La bassa gravità della Terra ha fatto sì che la maggior parte del nostro idrogeno, qual’era alle origini, si sia volatilizzato nel cosmo. Ma 4 miliardi di anni fa la nostra atmosfera era satura di gas ricchi di idrogeno, metano, ammoniaca, vapor d’acqua. E sono questi i gas da usare per l’esperimento. Questo esperimento fu compiuto per la prima volta da Stanley Miller nel 1950. Dopo aver compiuto l’esperimento, l’interno della provetta si ricopre di striature di uno strano pigmento marrone, è un ricco campionario di molecole organiche complesse, tra cui il materiale da costruzione delle proteine e degli acidi nucleici. Questi acidi nucleici sono in grado di creare copie identiche di sè stessi.

Però c’è ancora una grande quantità di cose da capire circa l’origine della vita, compresa l’origine del codice genetico. L’uomo lavora a questo esperimento solo da 30 anni, la natura ha cominciato 4 miliardi di anni fa. C’è da dire che i gas di cui ci siamo serviti per l’esperimento e le fonti di energia usate sono assolutamente comuni a tutto il cosmo. Quindi sono reazioni chimiche simili a queste che devono aver dato vita alla materia organica nello spazio interstellare e agli amminoacidi nei meteoriti.

Reazioni chimiche come queste devono esserci state su miliardi di altri mondi nella Galassia della Via Lattea. Le molecole della vita riempiono il cosmo. Ora, quali caratteristiche può avere la vita altrove? Anche se la sua chimica molecolare fosse identica a quella della vita sulla Terra, il che è molto improbabile, essa non potrebbe essere uguale o molto simile nella forma agli organismi più comuni sulla Terra. La casualità, che è una caratteristica del processo di evoluzione, deve creare altrove delle creature completamente diverse da quelle che noi conosciamo.

La biologia è più simile alla storia che non alla fisica. Per capire il presente bisogna conoscere il passato. Nella biologia non esistono teorie profetiche così come non ne esistono nella storia, e il motivo è lo stesso. Tutte e due le materie sono ancora troppo difficili per noi, però riusciremo a capire molto meglio noi stessi se riusciremo a capire quello che ci circonda. Lo studio di un solo elemento della vita extraterrestre, per quanto minimo, dà alla biologia orizzonti meno limitati.

continuo…

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