Cosmos 4 di 12 – Il futuro dell’umanità

Il futuro dell’umanità

Tutte le generazioni umane si sono sempre interrogate sulle origini e sul destino del cosmo. 
La nostra è la prima generazione che abbia la possibilità concreta di trovare qualcuna delle risposte. 
In un modo o nell’altro, noi siamo collocati sull’orlo dell’eterno.

“Chiamo a testimoni il cielo e la terra contro di te, e prima di te io ho creato la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Perciò, scegli la vita che vuoi vivere e prosegui”. Circa 200 anni fa, in una località del Golfo dell’Alaska, due civiltà, che non si erano mai conosciute, fecero il loro primo incontro. Da una parte il popolo dei Kinkit, che vivevano più o meno come erano vissuti i loro antenati per migliaia di anni. Una popolazione nomade che si spostava spesso su canoe da un accampamento all’altro, catturando pesce, frutti di mare e vivendo di scambi con le tribù vicine. Il creatore che essi adoravano era il dio-corvo, che raffiguravano come un uccello enorme dalle ali bianche. E un giorno di luglio del 1786, il dio-corvo apparve veramente. I primi che furono testimoni di questo fatto rimasero terrorizzati, per loro chi osava guardare il dio veniva tramutato in pietra. La realtà era che dall’altro capo della Terra era arrivata una spedizione guidata dall’esploratore francese La Perousse. Si trattava del primo grande viaggio scientifico programmato del XVIII secolo, il suo scopo era di raccogliere attorno al mondo nuove conoscenze di geografia, di storia naturale e sulle popolazioni delle terre più lontane. Ebbene i Kinkit credettero di vedere nel veliero dell’esploratore francese il dio-corvo. Però tra di loro ci fu chi osò indagare più a fondo, era un vecchio guerriero quasi cieco. Disse che la sua vita era ormai alla fine e per il bene di tutti, avrebbe avvicinato il grande corvo per chiedergli se aveva, veramente, intenzione di trasformare la sua gente in pietra. Il vecchio guerriero si mise a guardare a lungo il grande corvo e alla fine si accorse che non era un grande uccello inviato dal cielo, ma un prodotto del lavoro di altri uomini uguali a lui. Questo primo incontro si svolse in modo pacifico, gli uomini della spedizione di La Perousse avevano ricevuto ordini drastici di trattare con rispetto le popolazioni che avessero, eventualmente, incontrato. Una politica eccezionalmente civile per quei tempi e anche per quelli successivi. La Perousse e il guerriero Kinkit si scambiarono dei doni, poi la nave straniera salpò e non tornò più.

Non tutti gli incontri tra nazioni sono stati e sono così pacifici. Prima del 1519 gli Aztechi del Messico non avevano mai visto un’arma da fuoco e anch’essi all’inizio, credettero che gli stranieri arrivati sulla loro terra provenissero dal cielo. Ma gli spagnoli agli ordini di Fernando Cortès non erano vincolati dall’ordine di non usare la violenza. I conquistadores erano in cerca non di nuove conoscenze, ma di oro. Usarono la superiorità delle loro armi per saccheggiare ed uccidere. Nella loro follia cancellarono dalla faccia della terra una civiltà. In nome della devozione, facendosi scudo della loro fede, gli spagnoli distrussero, completamente, una società, che per arte, astronomia e architettura non aveva uguali in Europa.

Noi condanniamo i conquistadores per la loro crudeltà e cecità, per aver scelto la morte, e rendiamo onore a La Perousse e ai Kinkit per il loro coraggio e saggezza, per aver scelto la vita. È una scelta che oggi si ripropone, solo che la società attualmente in pericolo è tutto il genere umano. Come i fabbricanti di miti ben sapevano, noi siamo tanto figli della terra che del cielo, da quando abitiamo questo pianeta abbiamo accumulato un bagaglio evolutivo pericoloso: la professione all’aggressività, la sottomissione ai capi, l’ostilità verso i nuovi venuti, tutte cose che mettono a rischio la nostra sopravvivenza. Ma abbiamo anche acquisito la comprensione per gli altri, l’amore per i figli, il desiderio di imparare dalla storia e dall’esperienza una grande sublime appassionata intelligenza, sono elementi che ci consentono a continuare a sopravvivere e a prosperare.

Quale sarà il lato della nostra natura a prevalere? Non si può dire. Ma nell’universo ci attende una prospettiva alla quale non si può sfuggire. Ogni essere pensante teme la guerra nucleare, ma tutte le nazioni a tecnologia progredita la progettano. In Germania stavano studiando la bomba all’inizio della seconda guerra mondiale, e quindi gli americani dovevano arrivare prima. Se gli americani l’avevano, dovevano averla anche i russi, poi gli inglesi, i francesi, i cinesi, gli indiani, i pakistani, sono molte le nazioni, ormai, a possedere armi atomiche. Sono di facile fabbricazione, il materiale fissile può essere sottratto dai reattori nucleari, le armi nucleari sono diventate quasi un’attività artigianale. Le bombe della seconda guerra mondiale erano chiamate “abbatti edifici”, caricate con 20 tonnellate di tritolo distruggevano un isolato. Tutte le bombe sganciate sulle città nella seconda guerra mondiale, ammontano a circa 2 milioni di tonnellate di tritolo, 2 megatoni. Oggi, 2 megatoni sono la potenza di una sola bomba termonucleare. Ma ne esistono decine di migliaia di armi nucleari, i missili e i bombardieri della Russia e degli Stati Uniti hanno le testate nucleari puntate su più di 15.000 obiettivi già designati.

Sul pianeta non c’è più un luogo sicuro. L’energia contenuta in queste armi nucleari assomma a parecchio di più di 10.000 megatoni, un’altra guerra mondiale ogni secondo per la durata di un pomeriggio. La bomba lanciata su Hiroshima uccise 70.000 persone, in una guerra nucleare totale, nel parossismo di una morte planetaria sulla Terra verrebbero lanciate l’equivalente di un milione di bombe come quella di Hiroshima. Ma in questa follia, non tutti resterebbero uccisi dall’esplosione, dalla tempesta di fuoco e dalle radiazioni immediate, ci sarebbero altre agonie: la perdita di persone care, schiere di persone ustionate, private della vista, mutilate, mancanza di assistenza medica, malanni, epidemie, radiazioni a lungo termine che avvelenerebbero il suolo e le acque, aumento dei tumori, arresto delle nascite, malformazioni nei bambini. È l’impressione sconfortante di una civiltà distrutta per niente, la coscienza che avremmo potuto evitarlo.

Il cosiddetto equilibrio del terrore, patrocinato dagli Stati Uniti e dalla Russia, tiene come ostaggi tutti gli abitanti della Terra. Ogni contendente mette alla prova il limite di tolleranza dell’altro, come nel caso dei missili diretti a Cuba. L’equilibrio del terrore è un equilibrio delicato, con margini molto piccoli per gli errori di calcolo. E il mondo continua ad impoverirsi spendendo mezzo miliardo di miliardi di dollari all’anno per prepararsi ad una guerra. Come faremmo a spiegare tutto questo ad un osservatore extraterrestre? Quali impressioni daremmo del nostro modo di gestire il pianeta Terra?

Da una prospettiva extraterrestre, tutta la nostra civiltà è chiaramente sul punto di fallire nel punto più importante della sua storia, preservare la vita e il benessere dei suoi cittadini e la futura abitabilità del pianeta. Ma se riusciamo a vivere con la probabilità crescente di una guerra nucleare, non dovremmo anche riuscire a cercare ad esplorare con convinzione ogni possibile mezzo per evitarla questa guerra? Non dovremmo considerare in ogni nazione la possibilità di grandi cambiamenti nei metodi tradizionali, una ristrutturazione dalle fondamenta delle istituzioni economiche, politiche, sociali e religiose?


Siamo arrivati a un punto in cui non ci possono più esserci interessi particolari, le armi nucleari minacciano singolarmente tutti sulla Terra. I cambiamenti radicali della società vengono qualche volta etichettati come poco pratici o contrari alla natura dell’uomo. Ma è evidente che i cambiamenti radicali possono essere fatti, siamo circondati da esempi. Negli ultimi due secoli la schiavitù, che veniva praticata da migliaia di anni, è stata quasi completamente eliminata con un processo che ha visto impegnato tutto il mondo. Le donne, sistematicamente emarginate per dei millenni, stanno conquistando quei poteri politici ed economici tradizionalmente negati e alcune guerre di aggressione sono state fermate o abbreviate in conseguenza di un rifiuto opposto dalla popolazione del paese aggressore.

I soliti appelli ai princìpi razziali, religiosi e di sesso e a un rabbioso fervore nazionalistico cominciano a non funzionare. Si sta sviluppando una nuova coscienza che guarda la Terra come a un’entità unica e che si rende conto che un’entità in guerra con sè stessa è condannata.

Una delle grandi rivelazioni dell’era dell’esplorazione spaziale è l’immagine della Terra delimitata e solitaria. Ma si tratta di una percezione antica. Nel III secolo a.C. uno scienziato greco di nome Eratostene che viveva in Egitto, calcolò con molta precisione le dimensioni del nostro pianeta e ne tracciò una mappa. Aristotele aveva sostenuto che l’umanità andava divisa in greci e tutti gli altri, che egli aveva definito barbari. E aveva affermato che i greci dovevano mantenersi razza pura, la sua idea era che fosse opportuno che i greci rendessero schiavi gli altri popoli. Ma Eratostene criticò Aristotele per il suo razionalismo esasperato o cieco. Era convinto che in tutti i paesi ci fosse il buono e il cattivo. I conquistatori greci inventarono per gli egiziani un nuovo dio, che però aveva un’aria decisamente greca. Alessandro Magno fu ritratto nelle vesti di faraone per simboleggiare la parità degli egiziani, ma in realtà i greci erano sicuri della propria superiorità. La critica di Eratostene non costituì, quindi, una sfida pericolosa ai pregiudizi imperanti; il mondo greco era imperfetto come il nostro. Ma i Tolomei, i re greci d’Egitto che succedettero ad Alessandro Magno, ebbero almeno il grande merito di incoraggiare la diffusione della conoscenza. Le idee predominanti sulla natura del cosmo furono messe in discussione e alcune di esse messe da parte. Furono avanzate idee nuove e si scoprì che si accordavano meglio con i fatti.

Nacquero teorie immaginose, accesi dibattiti, conclusioni brillanti, e il tesoro che derivò dalla ricerca umana fu raccolto e conservato per secoli. I Tolomei non si limitarono a collezionare l’antico sapere, essi incoraggiarono la ricerca scientifica dando così vita a nuove conoscenze, i risultati furono eccezionali. Eratostene calcolò con precisione le dimensioni della Terra, ne fece una mappa e lanciò l’idea che poteva essere circumnavigata. Ipparco anticipò la teoria che le stelle hanno anch’esse una nascita, si muovono molto lentamente nel corso dei secoli e alla fine si estinguono. Fu lui il primo a classificare la posizione e la magnitudine delle stelle allo scopo di stabilire se c’erano questi cambiamenti. Euclide fu autore di un libro di testo sulla geometria sul quale gli esseri umani hanno studiato per ben 23 secoli. Galeno scrisse opere fondamentali sulla terapia e sull’anatomia, che dominarono la medicina fino al Rinascimento. Sono soltanto alcuni esempi. Ci furono decine di grandi studiosi e si ebbero centinaia scoperte fondamentali. Alcune di queste scoperte continuano a essere attuali. Apollonio di Perge studiò la parabola e l’ellisse, due curve che, oggi, sappiamo essere descritte da corpi che cadono in campi gravitazionali e da veicoli spaziali che viaggiano fra i pianeti. Erone di Alessandria inventò la macchina a vapore e molti dispositivi meccanici e fu autore del primo testo mai scritto sui robot.

Immaginate come sarebbe diverso il mondo se queste scoperte fossero state rese di pubblico dominio e sfruttate a beneficio di tutti. Alessandria era la città più grandiosa che il mondo occidentale abbia mai vista. La gente andava lì per viverci, per commerciare, studiare; in certi giorni, il porto era, letteralmente, brulicante di mercanti, studiosi. Probabilmente lì la parola cosmopolita acquistò il suo vero significato, ossia di cittadino non solo di una nazione bensì del cosmo.

Pensate, essere cittadini del cosmo. Senza dubbio ad Alessandria vennero gettati i semi del nostro mondo moderno. Ma perché non misero radici, non fiorirono, perché, invece, l’occidente si addormentò in un sonno durato secoli oscuri, finché Colombo, Copernico e i loro contemporanei riscoprirono il mondo della vita? Non c’è una risposta semplice. Ma una cosa è certa, non c’è alcun documento in tutta la storia della biblioteca di Alessandria che dimostri che qualcuno degli scienziati che studiavano lì, abbia seriamente messo in discussione un solo principio economico, religioso o politico della società in cui essi vivevano. L’immobilità delle stelle fu messa in dubbio, l’ingiustizia della schiavitù non lo fu mai. Scienza e studio, in generale, erano privilegi riservati a pochi eletti. La numerosa popolazione della città di Alessandria non aveva la più vaga nozione delle grandi scoperte che venivano fatte. Come potevano? Le nuove conquiste non venivano nè spiegate e nè, tantomeno, diffuse. Il progresso andava a beneficio di pochi, la scienza non apparteneva agli altri.

Le scoperte di meccanica, ad esempio nella tecnologia del vapore, venivano sfruttate, soprattutto, per perfezionare le armi o per incoraggiare le superstizioni. Non risulta che gli scienziati abbiano mai capito le enormi possibilità delle macchine, di liberare le persone da un lavoro ripetitivo e faticoso. Nell’antichità, le grandi conquiste dell’intelletto ebbero molto poche applicazioni pratiche. La scienza non riuscì mai a catturare l’immaginazione delle moltitudini.


Abbiamo parlato della distruzione di mondi e della fine di civiltà, ma c’è anche un’altro punto di vista dal quale valutare i comportamenti umani.

Qualcosa come 15 miliardi di anni fa, il nostro universo nacque dall’esplosione più immane di tutti i tempi. Poi l’universo si espanse, si raffreddò e si oscurò. L’energia si condensò in materia, prevalentemente atomi di idrogeno. Questi atomi formarono delle nubi immense, in allontanamento l’una dall’altra, che in seguito diventarono le galassie. All’interno di queste galassie, nacque la prima generazione di stelle, bruciando l’energia nascosta nella materia e inondando il cosmo di luce. Gli atomi di idrogeno avevano creato i soli e la luce delle stelle. In quel tempo, non esistevano nè i pianeti per ricevere la luce delle stelle nè creature viventi per ammirare lo splendore del cielo. Ma nel profondo delle fornaci stellari, la fusione nucleare stava dando vita ad atomi più pesanti, carbonio, ossigeno, silicio e ferro. Questi elementi, cenere lasciata dall’idrogeno, costituivano la materia primordiale da cui più tardi sarebbero nati i pianeti e la vita.

All’inizio, gli elementi pesanti erano prigionieri nel nucleo centrale delle stelle, ma le stelle di grande massa esaurirono presto il carburante e nel loro ultimo sussulto restituirono allo spazio la maggior parte della loro materia. Così il gas interstellare si arricchì di elementi pesanti. Nella nostra Galassia, la Via Lattea, la materia cosmica fu riciclata in nuove generazioni di stelle, ora ricche di atomi pesanti.

E nel gelo dello spazio interstellare, grandi nubi turbolente vennero ammassate dalla gravità e agitate dalla luce delle stelle. Nel loro interno più profondo, gli atomi pesanti si condensarono in grani di polvere di rocce e di ghiaccio e in molecole complesse a base di carbonio. Gli atomi di idrogeno avevano elaborato la materia della vita. In altre nubi, masse ancora più grandi di gas e di polvere formarono successive generazioni di stelle. Appena nasceva una nuova stella, accanto ad essa si formavano piccoli condensati di materia, minuscole particelle di roccia e di metallo, di ghiaccio e di gas, che poi sarebbero diventati pianeti. E su questi mondi, come nelle nubi interstellari, si formarono le molecole organiche.

In molti mondi queste molecole venivano distrutte dalla luce del Sole e ricombinate dai processi chimici. Finché un giorno nacque una molecola, che, per puro caso, riuscì a duplicare se stessa. Via via che il tempo passava, l’autoriproduzione diventava sempre più perfetta; le molecole che si duplicavano meglio delle altre producevano più copie, la selezione naturale era iniziata. Si svilupparono meccanismi molecolari sempre più complessi, era incominciata la vita.

Gruppi di molecole organiche si svilupparono in organismi monocellulari, questi a loro volta produssero colonie multicellulari. Alcune parti si trasformarono in organi specifici, alcune colonie si stabilirono sui fondali marini, altre vagarono liberamente nelle acque. Si svilupparono gli occhi. Esseri viventi si trasferirono sulla terra ferma. Per un certo periodo dominarono i rettili, ma poi cedettero il passo ad altre creature più piccole, dal sangue caldo e dal cervello più grande, che svilupparono agilità e curiosità sull’ambiente che li circondava. Impararono a servirsi del fuoco e del linguaggio. La materia stellare si era trasformata in consapevolezza.

Noi siamo un modo, per il cosmo, di conoscere se stesso. Siamo creature del cosmo assetate, da sempre, di conoscere le nostre origini, di capire i nostri legami con l’universo. Come è nato il tutto? Ogni civiltà della Terra ha elaborato una propria risposta all’enigma posto dall’universo. Ogni civiltà celebra a modo suo i frutti della vita e della natura. Ci sono molti modi diversi di essere creatura umana. Ma un visitatore extraterrestre osservando le differenze esistenti tra le società umane, le troverebbe insignificanti in confronto alle somiglianze. Noi siamo una sola specie. La nostra vita, il nostro passato, il nostro futuro dipendono dal Sole, dalla Luna e dalle stelle.

I nostri antenati sapevano che la loro sopravvivenza dipendeva dalla loro capacità di comprendere il cielo. Costruirono osservatori e calcolatori per prevedere il mutare delle stagioni attraverso il moto dei cieli. La scoperta che nell’universo c’è un ordine, che in natura esistono delle leggi, è il fondamento su cui poggia la scienza moderna. La nostra concezione del cosmo, tutta la scienza e la tecnologia moderna ci riportano agli interrogativi che le stelle pongono da sempre. Eppure, appena 400 anni fa, non avevamo idea di quale fosse il nostro posto nell’universo. La lunga strada che ha portato alla comprensione di questo fatto ha richiesto sia un irriducibile rispetto per la realtà sia un grande amore per la matematica.

Scrive Johannes Kepler: “Noi ci chiediamo qual è lo scopo pratico del canto degli uccelli, perché il canto è la loro gioia, visto che sono stati creati per cantare”.

Allo stesso modo, noi dovremmo chiederci come mai la mente umana si affatica a sondare il segreto degli uccelli. La varietà dei fenomeni naturali è talmente vasta proprio per fare in modo che alla mente umana non manchi mai di nutrimento sempre fresco. Ogni bambino di qualunque civiltà e di qualunque età ha il diritto dal fatto di essere natodi riscoprire il cosmo partendo da zero. Quando questo accade, troviamo un profondo senso di stupore. I più fortunati di noi trovano i maestri che indirizzano le nostre tendenze. Studiamo per imparare a distinguere i preconcetti dalla verità. Poi, quando riusciamo a decifrare i misteri del cosmo, scopriamo mondi nuovi.

La scienza è un’impresa collettiva che abbraccia molte civiltà e crea un ponte tra le generazioni. In ogni epoca e talvolta nei luoghi più impensati emerge chi, animato da una grande passione, vuol capire il mondo. Non c’è modo di sapere prima da dove verrà la prossima scoperta. Ci sono sogni che, all’inizio, sembrano irrealizzabili. Un tempo anche osservare un pianeta con un telescopio era un fatto meraviglioso. Ma poi abbiamo studiato i pianeti, abbiamo capito come si muovono nelle loro orbite e subito abbiamo progettato viaggi di esplorazione lontano dalla Terra e abbiamo mandato sonde automatiche a osservare pianeti e stelle.

Noi esseri umani desideriamo ardentemente ricollegarci con le nostre origini. Così abbiamo creato i miti. La scienza è un altro modo per esprimere questo desiderio, anch’essa ci collega con le nostre origini e anch’essa ha i suoi miti e i suoi comandamenti. La sua unica verità sacra è che non esistono verità sacre. Qualunque asserzione deve essere esaminata con spirito critico. Gli argomenti forniti da chi ha il potere non hanno valore, tutto ciò che è inconciliabile con la realtà, anche se si tratta di una convinzione che ci appassiona, deve essere scartata o quantomeno riesaminata.

La scienza non è perfetta, spesso è usata a sproposito, è solo uno strumento. Ma è lo strumento migliore che abbiamo, si corregge da sola, non è immutabile, si può applicare a tutto. Grazie ai metodi scientifici abbiamo incominciato a esplorare il cosmo. Per la prima volta, le scoperte della scienza sono aperte a tutti.

Noi esseri umani abbiamo posato i piedi su un altro mondo, in un luogo chiamato Mare della Tranquillità (Luna); una conquista sorprendente per delle creature, le cui prime impronte risalenti a 3,5 milioni di anni fa sono conservate nelle ceneri di un vulcano dell’Africa Orientale. Abbiamo fatto molta strada. Tutto ciò che abbiamo visto può sembrare la celebrazione di un mito, ma è la descrizione dell’evoluzione del cosmo, così come ce l’ha rivelata la scienza della nostra epoca. Mentre noi abbiamo cominciato, finalmente, a interrogarci sulle nostre origini.

Continuo…

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