Dualismo onda-particella

In fisica con l’espressione dualismo onda-particella ci si riferisce al fatto, espresso all’interno del principio di complementarità, che le particelle elementari, come l’elettrone o il fotone, mostrano una duplice natura, sia corpuscolare sia ondulatoria.
Tale evidenza nasce dall’interpretazione di alcuni esperimenti compiuti all’inizio del XX secolo: ad esempio l’effetto fotoelettrico suggeriva una natura corpuscolare della luce, che, d’altra parte, manifestava proprietà chiaramente ondulatorie nel fenomeno della diffrazione.
Il paradosso rimase fino alla formulazione completa della meccanica quantistica, quando finalmente si riuscì a descrivere i due aspetti in maniera unificata.
L’esperimento della doppia fenditura permette di dimostrare la dualità onda-particella della materia.

Richard Feynman era solito ripetere che questo esperimento rappresenta la chiave per la comprensione della meccanica quantistica.


Esperimento della doppia fenditura:

Tra una sorgente coerente e una lastra fotografica che registri il passaggio della luce si dispone una barriera opaca, nella quale sono tagliate due fenditure parallele richiudibili. Si procede quindi col verificare cosa succede aprendo entrambe o soltanto una delle due fenditure.


 

Aprendo soltanto una fenditura, ad esempio quella di sinistra, sulla lastra fotografica si ottiene la proiezione della fenditura (o meglio una figura di diffrazione); aprendo la fessura destra e tenendo chiusa quella di sinistra, si forma una figura speculare a quella precedente: la luce in questo caso risponde perfettamente alla teoria corpuscolare di Newton. Provando a prevedere che figura risulterebbe dall’apertura contemporanea di entrambe le fenditure, secondo la teoria corpuscolare si verificherebbe la semplice sovrapposizione delle due figure precedenti. In realtà quella che si genera è una figura di interferenza, ovvero in questo caso la luce si comporta come un’onda meccanica: sulla lastra fotografica avremo in alcuni punti sovrapposizioni di picchi o ventri, in altri cancellazioni.

Se però si usano le lastre fotografiche moderne (molto più sensibili di quelle disponibili nell’Ottocento) e si ripete l’esperimento con una sorgente estremamente debole (fino all’emissione di un unico fotone), si nota che la luce non impressiona la lastra in maniera continua, come previsto dalla teoria ondulatoria, ma che si formano dei singoli punti luminosi, inizialmente diradati e dall’apparente distribuzione caotica, che aumentando man mano di numero vanno a formare le frange di interferenza tipiche del comportamento ondulatorio. Analogo risultato si ottiene se invece di utilizzare una sorgente di luce (e quindi fotoni) si utilizzano elettroni, come nella prima figura a destra.

Una delle conseguenze immediate della meccanica quantistica, e un aspetto essenziale dell’esperimento delle due fenditure, è la mancanza di conoscenza di quale fenditura la particella abbia effettivamente attraversato: l’osservazione della figura di interferenza è garantita infatti nel solo caso in cui non si aggiungano all’esperimento apparati di misura atti a determinarlo. Se si interviene in tal modo si ottiene un esperimento “which-way” e il risultato finale è la scomparsa della figura di interferenza, ossia del comportamento ondulatorio, a favore di quello corpuscolare.

Di seguito un video che illustra l’esperimento:

 

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