Nel corso dei secoli tutte le culture hanno celebrato la bellezza, la maestosità e l’ingegnosità dell’universo fisico. Solo la moderna cultura scientifica, tuttavia, ha compiuto un tentativo sistematico di studiare la natura
dell’universo e il posto che noi occupiamo al suo interno.
Il successo del
metodo scientifico nel dischiudere i segreti della natura è così abbagliante da accecarci con il miracolo più grande di tutti:
la scienza funziona. Gli scienziati stessi di solito danno per scontato che viviamo in un cosmo razionale e ordinato, soggetto a leggi precise che possono essere svelate dal ragionamento umano. Tuttavia il motivo per cui le cose dovrebbero stare così resta un mistero assillante.
Perché gli esseri umani dovrebbero possedere l’abilità di scoprire e comprendere i principi su cui si regge l’universo? Di recente un numero sempre maggiore di scienziati e filosofi ha cominciato a studiare questo rompicapo. Il nostro successo nello spiegare il mondo mediante la
scienza e la
matematica è solo un caso fortuito, oppure è inevitabile che gli organismi biologici che sono emersi dall’ordine cosmico debbano riflettere quell’ordine nelle loro facoltà conoscitive?
Il progresso straordinario della nostra scienza è solo un accidente storico, oppure mette in evidenza una sintonia profonda e significativa tra la mente umana e l’organizzazione che sta alla base del mondo naturale?
Quattrocento anni fa la
scienza entrò in conflitto con la
religione perché sembrava minacciare il confortevole posto occupato dall’Uomo all’interno di un cosmo creato secondo un disegno divino. La rivoluzione iniziata da
Copernico e terminata da
Darwin ebbe l’effetto di emarginare, persino di svilire, gli esseri umani. Gli uomini non furono più posti al centro del disegno supremo, ma furono relegati a un ruolo secondario e senza apparente
significato in un indifferente dramma cosmico come comparse improvvisate finite per caso nel mezzo di un grande set cinematografico. Questo ethos esistenzialista – secondo cui non c’è alcun senso nella vita umana al di là di quello che gli esseri umani stessi le conferiscono – è diventato il
leitmotiv della scienza. È per questa ragione che
la gente comune considera la scienza come qualcosa di minaccioso e degradante: essa li ha estraniati dall’universo in cui vivono.
Lungi dal presentare gli esseri umani come prodotti accidentali di cieche forze fisiche, la scienza suggerisce che l’esistenza degli organismi coscienti è un aspetto fondamentale dell’universo. Sono convinto che nelle leggi naturali noi siamo inscritti in un modo profondamente significativo. Né considero la scienza come un’attività alienante. Tutt’altro. La scienza è una ricerca nobile, che ci arricchisce e ci aiuta a capire il senso del mondo in una maniera obiettiva e sistematica. Essa non nega che vi sia un significato dietro l’esistenza. Al contrario.
Come ho sottolineato, il fatto che la scienza funzioni, e funzioni tanto bene, rinvia a qualcosa di profondamente significativo sull’organizzazione del cosmo. Qualunque tentativo di comprendere la natura della realtà e il posto degli esseri umani nell’universo deve partire da una solida base scientifica. La scienza non è, naturalmente, l’unico schema di pensiero che meriti la nostra attenzione. La religione prospera perfino nella cosiddetta era scientifica. Ma, come osservò una volta Einstein, la religione senza la scienza è imperfetta. La ricerca scientifica è un viaggio nell’ignoto. Ogni progresso porta nuove e impensate scoperte e stimola la nostra mente con concetti insoliti e talvolta difficili.
Ma tutto questo è attraversato dal filo della razionalità e dell’ordine. In realtà questo ordine cosmico è retto da determinate leggi matematiche che si collegano l’una con l’altra per formare un’unità armoniosa e sottile. Le leggi posseggono un’elegante semplicità, e spesso si sono imposte fra gli scienziati per la loro bellezza. Eppure queste stesse semplici leggi permettono alla materia e all’energia di auto-organizzarsi in una varietà enorme di stati complessi, inclusi quelli che hanno la proprietà della coscienza, e possono riflettere a loro volta sul perfetto ordine cosmico che le ha prodotte.
Fra i fini più ambiziosi di tale riflessione vi è
la possibilità di riuscire a formulare una “Teoria di Ogni Cosa” –
una descrizione completa del mondo come un sistema chiuso di
verità logiche. La ricerca una tale
TOC è diventata per i fisici un po’ come la ricerca del
Santo Graal. E l’idea è senza dubbio affascinante. Dopo tutto, se l’universo è una manifestazione dell’ordine razionale, potremmo allora dedurre la natura del mondo soltanto dal “
pensiero puro”, senza bisogno dell’osservazione e della sperimentazione.
La maggior parte degli scienziati naturalmente respinge con fermezza questa filosofia, salutando la via empirica alla conoscenza come la sola strada sicura.
Ma le esigenze della razionalità e della logica impongono almeno qualche restrizione riguardo al tipo di mondo di cui possiamo avere conoscenza. D’altra parte, quella stessa struttura logica contiene in sé i propri limiti paradossali i quali ci assicurano che non coglieremo mai la totalità dell’esistenza mediante la sola deduzione.
La storia ha prodotto molte immagini fisiche per rappresentare l’ordine razionale che sta alla base del mondo:
l’universo come una manifestazione di forme geometriche perfette come un essere vivente, come un enorme
meccanismo a orologeria e, più recentemente, come un gigantesco computer. Tutte queste immagini catturano
qualche aspetto chiave della realtà, per quanto ciascuna di esse sia in sé incompleta.
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Brano tratto dal saggio: “
La mente di Dio” (Arnoldo Mondadori Editore, 1993) di
Paul Davies.
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