Richard Dawkins: Il mondo visto dagli occhi di un gene

 

Questo è il settimo post di una serie dedicata alla teoria dell’evoluzione per selezione naturale, e specialmente al libro di Richard Dawkins “Il Gene Egoista”, del 1976.

Nella prima metà di questo episodio Dawkins termina la parte nozionistica del libro (introducendo in modo accessibile a chiunque i concetti di “alleli”, “crossing-over”, “pool di geni”). Nella seconda metà trae delle affascinanti considerazioni, osservando il mondo dal punto di vista non dell’individuo ma del gene.

3. Spirali immortali (seguito)

Ho detto che i piani per costruire un corpo umano sono divisi in 46 volumi. In realtà questo è troppo semplicistico. La verità è più curiosa. I 46 cromosomi consistono di 23 coppie di cromosomi. Potremmo dire che, archiviati nel nucleo di ogni cellula, ci sono due insiemi alternativi di 23 volumi dei piani architettonici. Chiamateli volume 1a e 1b, volume 2a e volume 2b., eccetera, fino a volume 23a e volume 23b. Naturalmente i numeri identificativi che uso per i volumi e, poi, per le pagine, sono puramente arbitrari.

Noi riceviamo ogni cromosoma intatto da uno dei due genitori, nelle cui ovaie o testicoli esso fu assemblato. I volumi 1a, 2a, 3a, …, vengono, diciamo, dal padre. I volumi 1b, 2b, 3b, …, vengono dalla madre. In pratica è molto difficile, ma in teoria potreste guardare con il microscopio i 46 cromosomi in una qualunque delle vostre cellule, e identificare quei 23 che vengono dal padre e quei 23 che vengono dalla madre.
I cromosomi accoppiati non passano tutta la loro vita fisicamente in contatto l’uno con l’altro, e neppure vicini tra loro. In che senso allora sono “accoppiati”? Nel senso che ogni volume che in origine veniva dal padre si può considerare, pagina per pagina, come un’alternativa diretta a un particolare volume che veniva in origine dalla madre. Per esempio, pagina 6 del volume 13a e pagina 6 del volume 13b potrebbero “riguardare” il colore degli occhi; forse uno dice “blu” mentre l’altro dice “marrone”.

A volte le due pagine alternative sono identiche, ma in altri casi, come nel nostro esempio del colore degli occhi, sono diverse. Se le due pagine danno istruzioni contrastanti, cosa fa il corpo? La risposta è variabile. A volte una lettura prevale sull’altra. Nell’esempio del colore degli occhi, la persona finirebbe per avere occhi marroni: le istruzioni per produrre occhi blu sarebbero ignorate durante la costruzione del corpo, sebbene questo non impedisca che siano trasmesse alle future generazioni. Un gene che viene ignorato in tale modo si chiama “recessivo”. L’opposto di un genere recessivo è un gene “dominante”. Il gene per gli occhi marroni è dominante sul gene per gli occhi blu. Una persona ha gli occhi blu solo se entrambe le copie della pagina rilevante sono unanimi nel prescrivere occhi blu. Più spesso, quando due geni alternativi non sono identici, il risultato è un qualche tipo di compromesso — il corpo è costruito con una soluzione intermedia, o in un modo completamente diverso.

Quando due geni, come il gene dell’occhio marrone e dell’occhio blu, sono rivali per la stessa posizione su un cromosoma, si chiamano alleli l’uno dell’altro. Per i nostri scopi, la parola allele è sinonimo di rivale. Immaginate i volumi dei piani architettonici come se fossero dei raccoglitori ad anelli, dove le pagine si possono staccare e scambiare tra loro. Ogni volume 13 deve avere una pagina 6, ma ci sono molte possibili pagine 6 che potrebbero andare nel rilegatore tra pagina 5 e pagina 7. Una versione dice “occhi blu”, un’altra versione possibile dice “occhi marroni”; potrebbero esserci altre versioni nella popolazione nel suo complesso che dicono altri colori, come verde. Forse ci sono una decina di alleli alternativi collocati a pagina 6 sul cromosoma 13, sparpagliati in tutta la popolazione nel suo complesso. Ogni data persona ha solo due cromosomi/volumi 13. Quindi può avere un massimo di due alleli nella posizione di pagina 6. Potrebbe avere due copie dello stesso allele, come le persone con occhi blu, o potrebbe avere qualunque coppia di alleli scelta dalla decina di alternative disponibili nella popolazione nel suo complesso.

Non si può, naturalmente, andarsi letteralmente a scegliere i geni da un “pool” di geni disponibili all’intera popolazione. In ogni dato momento tutti i geni sono legati assieme dentro ciascuna macchina di sopravvivenza. I nostri geni sono decisi al concepimento, e non possiamo farci niente. Ciononostante, in un certo senso, a lungo termine, i geni della popolazione in generale si possono considerare come un “pool di geni”. Questa frase è in realtà un termine tecnico usato dai genetisti. Il pool di geni è un’astrazione utile perché la riproduzione sessuale mescola i geni tra di loro, sebbene in un modo ben preciso. In particolare, avviene davvero qualcosa di simile allo staccare e scambiare le pagine dei raccoglitori ad anelli, come vedremo adesso.

Ho descritto la normale divisione di una cellula in due cellule, ognuna delle quali riceve una copia completa di tutti i 46 cromosomi. Questa normale divisione della cellula si chiama mitosi. Ma c’è un altro tipo di divisione della cellula che si chiama meiosi. Essa avviene solo nella produzione di cellule sessuali; spermatozoi o ovuli. Spermatozoi e ovuli sono unici tra le nostre cellule poiché, invece di contenere 46 cromosomi, ne contengono solo 23. 23 è esattamente la metà di 46 — cosa conveniente quando le cellule si fondono nella fertilizzazione sessuale per creare un nuovo individuo! La meiosi è un tipo speciale di divisione cellulare, che avviene solo nei testicoli e nelle ovaie, in cui una cellula dotata di un intero doppio set di 46 cromosomi si divide per formare cellule sessuali con il singolo set di 23. [..]

Uno spermatozoo, con i suoi 23 cromosomi, è prodotto dalla divisione per meiosi di una delle cellule a 46 cromosomi nel testicolo. Quali 23 vengono messe in ogni dato spermatozoo? È chiaramente importante che uno spermatozoo non riceva un insieme qualsiasi di 23 cromosomi: non deve finire per avere due copie del volume 13 e nessuna del volume 17. Sarebbe teoricamente possibile che qualcuno produca uno spermatozoo con cromosomi che derivano, diciamo, interamente da sua madre; cioè volume 1b, 2b, 3b, …, 23b. In questo caso improbabile, una bambina concepita da quello spermatozoo erediterebbe la metà dei suoi geni dalla nonna paterna, e nessuna dal nonno paterno. Ma in pratica questo genere di distribuzione, in cui un cromosoma si trasmette intero, non avviene. La realtà è più complessa. Ricordate che i volumi (cromosomi) vanno pensati come raccoglitori ad anelli. Ciò che avviene è che, durante la produzione dello spermatozoo, si staccano delle singole pagine, o meglio blocchi di più pagine, e si scambiano con i blocchi corrispondenti del volume alternativo. Così, un particolare spermatozoo potrebbe produrre il suo volume 1 prendendo le prime 65 pagine dal volume 1a, e le pagine da 66 fino alla fine dal volume 1b. Gli altri 22 volumi di questo spermatozoo sono prodotti in un modo simile. Quindi ogni spermatozoo prodotto da un individuo è unico, sebbene tutti i suoi spermatozoi abbiano assemblato i loro 23 cromosomi con pezzi dello stesso insieme di 46 cromosomi. Gli ovuli sono prodotti in modo simile nelle ovaie, e anch’essi sono unici.

Comprendiamo ormai piuttosto bene i meccanismi reali di questa mescolanza. Durante la produzione di uno spermatozoo (ovulo), si staccano fisicamente dei pezzettini di ogni cromosoma paterno e si scambiano di posto con i pezzettini esattamente corrispondenti del cromosoma materno. (Ricordate che stiamo parlando di cromosomi che venivano originariamente dai genitori dell’individuo che produce la spermatozoo, cioè dai nonni paterni del figlio che alla fine viene concepito dallo spermatozoo). Il processo di scambiare pezzettini di cromosoma si chiama “crossing-over”. È molto importante in tutto questo libro. Significa che, se aveste il microscopio e guardaste i cromosomi di uno dei vostri spermatozoi (o ovuli), sarebbe una perdita di tempo cercare di identificare i cromosomi provenienti da vostro padre e quelli provenienti da vostra madre. (Questo contrasta fortemente con il caso delle normali cellule del corpo, come abbiamo visto in precedenza.) Ogni singolo cromosoma in uno spermatozoo è un collage, un mosaico di geni materni e geni paterni.

A questo punto la metafora di geni come pagine comincia a venir meno. In un raccoglitore ad anelli possiamo inserire, rimuovere o scambiare un’intera pagina, ma non una frazione di pagina. Ma il complesso dei geni è solo una lunga sequenza di lettere di nucleotidi, non è divisa in pagine discrete in alcun modo ovvio.

[Dawkins spiega ora che il crossing over può avvenire in qualunque punto di questa sequenza; non esiste alcuna unità indivisibile, che non possa essere spezzata dal crossing over. Poi continua:]

Un gene è definito come una qualunque porzione di materiale cromosomico che potenzialmente dura abbastanza generazioni da servire come unità di selezione naturale. Per usare le parole del capitolo precedente, un gene è un replicatore con un’alta fedeltà di copiatura. Fedeltà di copiatura è un altro modo di dire longevità-nella-forma-di-copie, ed abbeverò tutto questo semplicemente in “longevità”. La definizione dovrà essere giustificata.

In qualunque definizione, un gene deve essere una porzione di cromosoma. La domanda è: una porzione quanto grande?

[Salto quattro pagine in cui Dawkins spiega in sostanza perché, sebbene a volte i geni possano essere spezzati dal crossing-over, questo è enormemente improbabile (a causa della loro piccolezza), e quindi possono essere considerati unità indivisibili. ]

Ora siamo arrivati al punto in cui avevamo chiuso il capitolo 1. Avevamo visto che bisogna aspettarsi egoismo in qualunque entità che meriti l’appellativo di unità di base della selezione naturale. Abbiamo visto che alcune persone considerano la specie come l’unità della selezione naturale, altre la popolazione o il gruppo all’interno della specie, e altre l’individuo. Ho detto che io preferivo pensare al gene come l’unità fondamentale di selezione naturale, e quindi all’unità fondamentale di egoismo. [..]

La selezione naturale nella sua forma più generale significa la sopravvivenza differenziata di varie entità. Alcune entità vivono e altre muoiono ma, perché la morte selettiva abbia qualche impatto sul mondo, è necessaria un’ulteriore condizione. Ogni entità deve esistere nella forma di molte copie, e almeno alcune delle entità devono essere potenzialmente in grado di sopravvivere — nella forma di copie — per un periodo significativo di tempo evoluzionistico. Le unità genetiche piccole hanno queste proprietà; invece gli individui, i gruppi e le specie non l’hanno.

[…]

Un altro aspetto particolare del gene è che non invecchia; quando è vecchio un milione di anni, non ha più probabilità di morire di quando ne ha solo 100. Salta da un corpo all’altro attraverso le generazioni, manipolando un corpo dopo l’altro, a modo suo e per i suoi propri scopi, abbandonando i corpi mortali uno dopo l’altro prima che giungano alla vecchiaia e alla morte.

I geni sono gli immortali. [..] Noi, le singole macchine di sopravvivenza presenti nel mondo, possiamo aspettarci di vivere qualche decennio. Ma i geni presenti nel mondo hanno un’aspettativa di vita che va misurata non in decenni ma in migliaia e milioni di anni.

Nelle specie che si riproducono sessualmente, l’individuo è un’unità genetica troppo grande e troppo temporanea per qualificarsi come unità significativa di selezione naturale. Il gruppo di individui è un’unità ancora più grande. Geneticamente parlando, gli individui e i gruppi sono come nuvole nel cielo, o tempeste di sabbia nel deserto. Sono aggregazioni temporanee. Non sono stabili lungo il tempo evoluzionistico. Le popolazioni possono durare un po’ di più, ma si fondono costantemente con altre popolazioni e quindi perdono la loro identità. Sono anche soggette a un cambiamento evolutivo dall’interno. Una popolazione non è un’entità abbastanza discreta per fungere da unità di selezione naturale; non è abbastanza stabile e unitaria per essere “selezionata” al posto di un’altra popolazione.

Un corpo individuale sembra abbastanza discreto finché dura, ma purtroppo, quanto a lungo dura? Ogni individuo è unico. Non puoi ottenere un’evoluzione selezionando tra varie entità, quando esiste una sola copia di ogni entità! La riproduzione sessuale non è replicazione. Proprio come una popolazione è contaminata da altre popolazioni, così la discendenza di un individuo è contaminata da quella del suo partner sessuale. I vostri figli sono solo metà di voi, i vostri nipoti solo un quarto di voi. In qualche generazione, il massimo che potete sperare è di avere molti discendenti, ognuno dei quali contiene solo una piccola porzione di voi — pochi geni — anche se alcuni di essi portano anche il vostro cognome.

Gli individui non sono cose stabili, sono fluttuanti. Anche i cromosomi vengono rimescolati fino a scomparire, come una mano di carte subito dopo essere stata distribuita. Ma le singole carte sopravvivono al rimescolamento. Le singole carte sono i geni. I geni non sono distrutti dal crossing-over, cambiano soltanto partner e vanno avanti. Naturalmente vanno avanti. È questa la loro specialità. Essi sono i replicatori e noi siamo le loro macchine di sopravvivenza. Quando abbiamo assolto al nostro scopo, siamo gettati via. Invece i geni esistono nel tempo geologico: i geni sono per sempre.

I geni, come i diamanti, sono per sempre, ma non proprio nello stesso modo dei diamanti. Nel caso dei diamanti, ciò che dura è il singolo cristallo, la struttura inalterata di atomi. Le molecole di Dna non sono persistenti in quel senso. La vita di ciascuna molecola fisica di Dna è molto breve — forse qualche mese, certamente non più di una vita umana. Ma una molecola di Dna potrebbe teoricamente vivere più di 100 milioni di anni nella forma di copie di se stessa. Inoltre, proprio come gli antichi replicatori nel brodo primordiale, le copie di un particolare gene possono essere distribuite per tutto il mondo. La differenza è che le versioni moderne sono impacchettate con cura nei corpi delle macchine di sopravvivenza.

[…]

Il gene è il replicatore a vita lunga, che esiste nella forma di molte copie duplicate. Non ha una vita infinitamente lunga. Perfino un diamante non è eterno [..]. Il gene è definito come un pezzo di cromosoma abbastanza piccolo da durare, potenzialmente, abbastanza a lungo da fungere da unità significativa di selezione naturale.

[…]

È la sua potenziale immortalità che rende un gene un buon candidato a fungere da unità di selezione naturale. Ma ora è venuto il momento di enfatizzare la parola “potenziale”. Un gene può vivere un milione di anni, ma molti nuovi geni non superano nemmeno la prima generazione. Quei pochi che riescono a farlo lo fanno in parte perché sono fortunati, ma soprattutto perché hanno ciò che serve, il che significa che sono bravi a produrre macchine di sopravvivenza. Hanno un effetto sullo sviluppo embrionale di ogni successivo corpo in cui si vengono a trovare, tale che quel corpo ha un po’ più di probabilità di vivere e riprodursi di quante ne avrebbe se fosse stato sotto l’influenza del gene rivale, o allele. Per esempio, un gene “bravo” potrebbe assicurare la propria sopravvivenza tendendo a dotare i successivi corpi in cui si trova di gambe lunghe, che aiutano questi corpi a fuggire dai predatori. Questo è un esempio particolare, non universale. Le gambe lunghe, dopotutto, non sono sempre un vantaggio. In una talpa sarebbero un handicap. Anziché perderci nei dettagli, possiamo pensare a qualche qualità universale_che ci aspettermemo di trovare in tutti i geni (cioè in quelli più longevi)? Viceversa, quali sono le proprietà che classificano istantaneamente un gene come “cattivo”, di vita breve? Potrebbero esserci varie proprietà universali di questo tipo, ma ce n’è una particolarmente importante in questo libro: al livello dei geni, l’altruismo deve essere male e l’egoismo deve essere bene. Questo segue inesorabilmente dalla nostra definizione di altruismo ed egoismo. I geni competono direttamente con i loro alleli per la sopravvivenza, poiché i loro alleli nel pool di geni competono per la loro stessa posizione sui cromosomi delle generazioni future. Ogni gene che si comporti in modo da aumentare le proprie probabilità di sopravvivenza nel pool di geni alle spese dei suoi alleli tenderà, per definizione, tautologicamente, a sopravvivere. Il gene è l’unità di base dell’egoismo.

Ho espresso ora il messaggio principale di questo capitolo. Ma ho evitato alcune complicazioni ed assunzioni nascoste. La prima complicazione è stata già menzionata brevemente. Per quanto indipendenti e liberi possano essere i geni nel loro viaggio lungo le generazioni, non sono affatto liberi e indipendenti nel controllare lo sviluppo embrionale. Essi collaborano e interagiscono in modi inestricabilmente complessi, sia tra di loro, sia con l’ambiente esterno. Espressioni come “gene per le gambe lunghe” o “gene per il comportamento altruistico” sono comode figure retoriche, ma è importante capire cosa significano. Non esiste un gene che da solo costruisce una gamba, lunga o corta che sia. Costruire una gamba è un’impresa cooperativa che coinvolge molti geni. Sono anche indispensabili delle influenze dall’ambiente esterno: dopo tutto, le gambe sono fatte di cibo! Ma può esserci benissimo un singolo gene che, a parità di altri fattori, tende a produrre gambe più lunghe di quanto lo sarebbero state sotto l’influenza dell’allele di quel gene.

Come analogia, pensate all’influenza di un fertilizzante, diciamo un nitrato, sulla crescita del grano. Tutti sanno che le piante di grano crescono più grandi in presenza di nitrato che in sua assenza. Ma nessuno sarebbe così sciocco da affermare che, di per sé, il nitrato può fare una pianta di grano. Sono necessari, naturalmente, un seme, il suolo, il sole, l’acqua, e vari minerali . Ma se tutti questi altri fattori restano costanti, e anche se variano entro certi limiti, l’aggiunta di un nitrato farà crescere di più la pianta di grano. Lo stesso vale per i singoli geni nello sviluppo di un embrione. Lo sviluppo embrionale è controllato da una rete di relazioni così intricata che quasi ci passerebbe la voglia di guardarla. Nessun singolo fattore, generico o ambientale, si può considerare come l’unica causa di una data parte di un bambino. Tutte le parti di un bambino hanno un numero quasi infinito di cause antecedenti. Ma la differenza tra un bambino e un altro, per esempio la differenza nella lunghezza di una gamba, è facile da ricondurre a una o a poche semplici differenze antecedenti, nell’ambiente o nei geni. Sono le differenze che contano nella lotta competitiva per la sopravvivenza; e sono le differenze controllate dei geni che contano nell’evoluzione.

Dal punto di vista di un gene, i suoi alleli sono i suoi nemici mortali, ma gli altri geni sono solo parte dell’ambiente, come la temperatura, il cibo, i predatori, o gli amici. L’effetto del gene dipende dal suo ambiente, il quale comprende gli altri geni. A volte un gene ha un effetto solo in presenza di un altro insieme di geni compagni. L’intero insieme di geni in un corpo costituisce una specie di “clima”, o background genetico, che modifica e influenza gli effetti di ogni particolare gene.

Ma ora sembra che siamo arrivati a un paradosso. Se costruire un bambino è un’impresa cooperativa così intricata, ed ogni gene ha bisogno di molte migliaia di geni compagni per svolgere il suo compito, come possiamo riconciliare tutto questo con la mia descrizione dei geni come entità che saltano da corpo a corpo lungo i millenni, liberi, autonomi e senza ostacoli? Erano cose prive di senso? Assolutamente no. Forse mi sono lasciato trasportare dall’enfasi, ma non stavo dicendo sciocchezze, e non c’è alcun paradosso. Possiamo spiegare tutto questo mediante un’altra analogia.

Un vogatore non può vincere da solo la gara di canottaggio tra Oxford e Cambridge. Ha bisogno di otto colleghi. Ognuno è specializzato a sedersi in una parte precisa della barca — prodiere, primo rematore, timoniere, eccetera. Condurre la barca è un’impresa cooperativa, ma alcuni uomini sono comunque migliori di altri. Supponiamo che un coach debba scegliere la squadra ideale da un pool di candidati, alcuni dei quali specializzati nella posizione di prua, altri come timonieri e così via. Supponiamo che il coach effettui la selezione come segue. Ogni giorno assembla tre nuove squadre di prova, mescolando a caso i candidati in ciascuna posizione, e fa gareggiare le tre squadre una contro l’altra. Dopo qualche settimana comincerà ad emergere che la barca vincitrice tende a contenere sempre gli stessi uomini. Questi vengono contrassegnati come bravi rematori. Altri individui finiscono per trovarsi spesso nelle squadre perdenti, e alla fine questi vengono scartati. Ma anche un rematore incredibilmente bravo potrebbe a volte trovarsi in una squadra lenta, o a causa dell’inferiorità degli altri, o perché ha avuto un colpo di sfortuna — diciamo un forte vento contrario. È solo in media che l’uomo migliore tende ad essere sulla barca vincitrice.

I rematori sono i geni. I rivali per ogni sedile sulla barca sono alleli potenzialmente capaci di occupare la stessa posizione su un cromosoma. Remare velocemente corrisponde a costruire un corpo bravo a sopravvivere. Il vento è l’ambiente esterno. Il pool di candidati alternativi è il pool di geni. Per quanto riguarda la sopravvivenza di ciascun corpo, tutti i suoi geni sono nella stessa barca. Molti geni “buoni” hanno la sfortuna di trovarsi in cattiva compagnia, e si trovano a coabitare nello stesso corpo con un gene letale, che uccide il corpo durante l’infanzia. In questo caso il gene buono va distrutto insieme agli altri. Ma si tratta solo di un corpo, e le repliche di quello stesso gene buono vivono anche in altri corpi che non hanno il gene letale. Molte copie dello stesso gene vengono scartate perché hanno la sfortuna di trovarsi nello stesso corpo con dei geni cattivi, e molti muoiono per altri tipi di sfortuna, diciamo quando il corpo è colpito da un fulmine. Ma per definizione la sfortuna colpisce a caso, ed un gene che si trova regolarmente dalla parte perdente non è sfortunato: è un gene cattivo.

Una delle qualità di un buon rematore è il gioco di squadra, la capacità di adattarsi e di cooperare con il resto della squadra. Questa qualità potrebbe essere importante quanto avere buoni muscoli. Come abbiamo visto nel caso delle farfalle [noi abbiamo saltato quell’esempio, NdM], la selezione naturale potrebbe inconsciamente “modificare” un complesso di geni mediante inversione e altri grossi spostamenti di pezzi di cromosoma, in tal modo portando nello stesso gruppo geni che cooperano bene insieme. Ma in un altro senso, dei geni che non sono collegati l’uno con l’altro fisicamente possono essere selezionati per la loro mutua compatibilità. Un gene che coopera bene con la maggior parte degli altri geni che si trova ad incontrare nei corpi successivi, cioè con i restanti geni del pool di geni nel suo complesso, tenderà ad avere un vantaggio.

Per esempio, in un corpo efficiente di carnivoro sono desiderabili un certo numero di attributi, tra cui denti aguzzi, il giusto tipo di intestino per digerire la carne, e molte altre cose. Un erbivoro efficiente, d’altra parte, ha bisogno di denti piatti, e un intestino molto più lungo con diversi tipi di chimica digestiva. Nel pool di geni di un erbivoro, ogni nuovo gene che conferisse denti affilati al suo possessore non avrebbe molto successo. Questo non perché mangiare carne sia intrinsecamente un’idea sconveniente, ma perché non puoi mangiare carne in modo efficiente se non hai il giusto tipo di intestino, e tutti gli altri attributi di un carnivoro. I geni che producono denti aguzzi non sono intrinsecamente cattivi. Sono solo cattivi in un pool di geni che sia dominato da geni per qualità erbivore.

[continua]

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