Questo è il dodicesimo post di una serie dedicata alla teoria dell’evoluzione per selezione naturale. Siamo nel libro di Richard Dawkins “Il Gene Egoista”, del 1976.
Nell’episodio precedente abbiamo visto che i geni, nel costruire i nostri corpi, devono svolgere un compito simile alla predizione del futuro: devono “scegliere” per noi delle caratteristiche che aumentino, anche di pochissimo, la nostra probabilità di sopravvivenza (e quindi la probabilità di sopravvivenza dei geni stessi). D’altra parte è bene capire che questa metafora della “predizione” è solo una metafora: i geni non capiscono nulla di ciò che stanno facendo. Non hanno una mente. E come fanno i geni, senza avere una mente, a prendere decisioni corrette? Semplicemente, i geni mutano a caso. Quei geni che per caso infondono nei corpi un vantaggio (seppur microscopico ed infinitesimale) vengono automaticamente selezionati dalla natura, e gli altri vengono automaticamente scartati. Questi piccoli miglioramenti si accumulano, nell’arco delle generazioni, fino a produrre organi complessi come l’occhio o il cervello. In questo modo i geni “inventano” (fra virgolette!) la varietà di caratteristiche nei corpi biologici, e nel nostro corpo. Una delle tante “invenzioni” fatte dai geni è il cervello, e la simulazione del mondo da esso effettuata. La parola a Dawkins.
4. La macchina dei geni (seguito)
Le strategie di apprendimento sono state usate in alcuni programmi che giocano a scacchi. Questi programmi diventano più bravi man mano che giocano contro avversari umani o contro altri computer. Sebbene siano dotati di un repertorio di regole e tattiche, essi hanno anche una piccola componente di casualità inserita nella loro procedura di decisione. Essi registrano le decisioni passate e, ogni volta che vincono una partita, aumentano leggermente il peso attribuito alle tattiche che hanno preceduto la vittoria, così da avere una probabilità maggiore di scegliere le stesse tattiche la prossima volta.
Uno dei metodi più interessanti di predire il futuro è la simulazione. Se un generale vuole sapere se un dato piano militare sarà migliore dei piani alternativi, ha un problema di predizione. Sono in gioco delle quantità non note, come il tempo, il morale delle sue truppe e le possibili contromisure del nemico. Un modo di scoprire se un piano è buono è attuarlo sul campo di battaglia e vedere che succede, ma non è desiderabile usare questo test per tutti i piani ipotetici che vengono in mente, se non altro perché la quantità di giovani disposti a morire “per il loro Paese” è limitata, e la quantità di piani possibili è molto grande. E’ meglio mettere alla prova i vari piani per finta, anziché sul serio. Questo può avvenire con esercitazioni con munizioni a salve, ma anche questo è costoso in termini di materiale e tempo. Più economicamente, si può fare un gioco di guerra, con soldati di latta e carri armati giocattolo che vengono spostati su una grossa mappa.
Di recente i computer sono diventati protagonisti nel campo della simulazione, non solo nella stategia militare ma in tutti i campi dove è necessario predire il futuro, come l’economia, l’ecologia, la sociologia e molti altri. La tecnica funziona così. Viene inserito nel computer un modello di qualche aspetto del mondo. Questo non significa che se smontaste il computer ci vedreste dentro una miniatura con la stessa forma dell’oggetto simulato. Nei computer che giocano a scacchi non c’è alcuna “immagine mentale” nei banchi di memoria, che somigli visivamente ad una scacchiera con pedoni e cavalli poggiati su di essa. La scacchiera e la situazione di gioco attuale vengono rappresentati con liste di numeri codificati elettronicamente. Per noi, una mappa è un modello miniaturizzato in scala del mondo, compresso in due dimensioni. In un computer, una mappa si può rappresentare alternativamente come una lista di città ed altri punti di interesse, ognuno con due numeri — la sua latitudine e longitudine. Ma non importa come esattamente il computer memorizza il modello del mondo nella sua testa, fino a che lo memorizza in una forma in cui lo può manipolare facilmente, può farci esperimenti sopra, e può restituirlo all’operatore umano in una forma che lui può capire. Attraverso la tecnica della simulazione, delle battaglie simulate possono essere vinte o perse, degli aerei simulati possono atterrare o precipitare, e delle politiche economiche possono portare alla prosperità o alla catastrofe. In ogni caso l’intero processo si svolge all’interno del computer in una piccola frazione del tempo che servirebbe nella vita reale. Naturalmente ci sono modelli del mondo buoni e modelli cattivi, ed anche quelli buoni sono soltanto approssimazioni. Nessuna quantità di simulazione può predire esattamente cosa accadrà nella realtà, ma una buona simulazione è enormemente preferibile ad una cieca strategia basata su “tentativi ed errori”. [..]
Se la simulazione è davvero un’idea così buona, dovremmo aspettarci che i geni l’abbiano scoperta prima di noi. Dopo tutto, la selezione naturale ha inventato molte delle tecniche dell’ingegneria umana, molto prima che l’uomo esistesse: la lente e il riflettore parabolico, l’analisi della frequenza delle onde sonore, i servo-controlli, il sonar, la memorizzazione bufferizzata dell’informazione in ingresso, e innumerevoli altre invenzioni con nomi lunghi, i cui dettagli non ci interessano. Che dire della simulazione? Beh, quando tu hai una decisione difficile da prendere che coinvolge quantità ignote nel futuro, tu stesso ti cimenti in una forma di simulazione: cerchi di immaginare che cosa succederebbe se prendessi ciascuna delle alternative che hai di fronte. Costruisci un modello dentro la tua testa; non un modello di ogni aspetto del mondo, ma di quelle entità del mondo che tu ritieni rilevanti. Potresti vederle con chiarezza nel tuo “occhio mentale”, oppure potresti vedere e manipolare astrazioni stilizzate di esse. In un modo o nell’altro è improbabile che da qualche parte nel tuo cervello ci sia un vero e proprio modello spaziale degli eventi che stai immaginando. Ma, proprio come nel computer, i dettagli di come il tuo cervello rappresenta il suo modello di mondo sono meno importanti del fatto che il cervello riesce a usarlo per predire gli eventi possibili. Le macchine di sopravvivenza che possono simulare il futuro sono sempre avvantaggiate rispetto alle macchine di sopravvivenza che possono imparare solo dai propri errori. Il problema dei tentativi reali è che l’errore è spesso fatale. La simulazione è allo stesso tempo più sicura e più veloce.
[…]
[Questo significa che] le macchine di sopravvivenza, diventando esseri capaci di prendere decisioni, si sono emancipate da coloro che in ultima analisi sono i loro padroni, i geni. Non solo i cervelli sono oggi al comando nella quotidiana lotta per la sopravvivenza, ma hanno anche acquisito la capacità di predire il futuro e agire di conseguenza. Hanno persino il potere di ribellarsi alla dittatura dei geni, per esempio rifiutandosi di avere il maggior numero possibile di figli. Ma in questo aspetto l’uomo è un caso molto speciale, come vedremo.
Che cosa c’entra tutto questo con l’egoismo e l’altruismo? Sto cercando di articolare l’idea che il comportamento animale, altruistico o egoistico, è sotto il controllo dei geni solo in un senso indiretto, ma ciononostante molto potente. I geni determinano come vengono costruite le macchine di sopravvivenza e i loro sistemi nervosi; in tal modo esercitano il loro potere sul comportamento. Ma le decisioni specifiche su cosa fare in ogni dato momento sono prese dal sistema nervoso. I geni sono coloro che forniscono le politiche generali; i cervelli sono gli esecutori. Ma man mano che i cervelli divenivano più sviluppati, si impadronivano di un sempre maggior potere di decisione, usando, nel far ciò, trucchi come l’apprendimento e la simulazione. La logica conclusione di questa tendenza, non ancora raggiunta in alcuna specie, sarebbe che i geni dessero alla macchina di sopravvivenza un’unica istruzione: fai qualunque cosa ritieni sia la migliore per mantenerci in vita.
Le analogie con i computer e le decisioni umane sono affascinanti. Ma ora dobbiamo tornare alla realtà e ricordare che l’evoluzione avviene per piccoli passi, attraverso la sopravvivenza differenziata di alcuni geni all’interno del pool di geni. Quindi, affinché possa evolversi una tendenza comportamentale — altruistica o egoistica — è necessario che un gene “per” quel comportamento sopravviva nel pool di geni con maggior successo di un gene rivale o allele “per” un comportamento diverso.
(continua)
I commenti sono chiusi.