Richard Dawkins:l’origine della vita sulla Terra

 
Questo è il quarto post di una serie dedicata alla teoria dell’evoluzione per selezione naturale, e specialmente al libro di Richard Dawkins “Il Gene Egoista”, del 1976.

 

2. I replicatori

In principio era la semplicità. È già abbastanza difficile spiegare come sia cominciato un universo semplice. Do per scontato che sarebbe ancora più difficile spiegare l’improvviso spuntare di un ordine complesso — come la vita, oppure un essere capace di crearla. La teoria di Darwin dell’evoluzione per selezione naturale è soddisfacente perché ci svela come la semplicità può trasformarsi in complessità; come degli atomi disordinati possono raggrupparsi in strutture sempre più complicate fino a produrre delle persone. Darwin fornisce una soluzione, l’unica sostenibile finora proposta, al profondo problema della nostra esistenza. Cercherò di spiegare questa grande teoria in un modo più generale di quanto si faccia di solito, cominciando dal tempo precedente l’inizio dell’evoluzione stessa.

La darwiniana “sopravvivenza del più adatto” è in realtà un caso particolare di una legge più generale: la sopravvivenza di ciò che è stabile. L’universo è popolato da cose stabili. Una cosa stabile è una collezione di atomi abbastanza permanente o abbastanza comune da meritare un nome. Potrebbe trattarsi di una collezione unica di atomi, come il monte Cervino, che dura abbastanza a lungo da meritare un nome. O potrebbe essere una classe di entità, come le gocce di pioggia, che nascono abbastanza frequentemente da meritare un nome collettivo, anche se ciascuna di loro singolarmente ha una vita molto breve. Le cose che vediamo intorno a noi, e che pensiamo necessitino di una spiegazione — le rocce, le galassie, le onde dell’oceano — sono tutte, in modo maggiore o minore, strutture stabili di atomi. Le bolle di sapone tendono ad essere sferiche perché questa è una configurazione stabile per delle sottili pellicole piene di gas. Dentro un’astronave, l’acqua è stabile anche in globuli sferici, ma qui sulla terra, dove c’è la gravità, la superficie stabile per l’acqua in quiete è piatta e orizzontale. I cristalli di sale tendono ad essere cubici perché questo è un modo stabile di impacchettare insieme ioni di sodio e di cloro. Nel sole, gli atomi più semplici di tutti, gli atomi di idrogeno, si fondono per formare atomi di elio perché, nelle condizioni che prevalgono lì, la configurazione di elio è più stabile. Altri atomi ancora più complessi si formano nelle stelle in tutto l’universo, sin dal tempo del “Big Bang” che, secondo la teoria prevalente, diede inizio all’universo. È da qui che si generarono gli elementi del nostro mondo.

A volte, quando gli atomi si incontrano, si legano insieme in reazioni chimiche per formare molecole, che possono essere più o meno stabili. Tali molecole possono essere molto grandi. Un cristallo come un diamante può essere considerato una molecola singola, eccezionalmente stabile in questo caso, ma è anche una molecola molto semplice, poiché la sua struttura atomica interna si ripete all’infinito. Nei moderni organismi viventi ci sono altre grandi molecole che sono molto complesse, e la loro complessità si rivela su vari livelli. L’emoglobina del nostro sangue è una tipica molecola di proteina. È fatta da catene di molecole più piccole, gli aminoacidi, ognuna delle quali contiene qualche decina di atomi organizzati secondo una struttura precisa. Nella molecola di emoglobina ci sono 574 molecole di aminoacidi. Queste sono organizzate in quattro catene, che si avvolgono l’una attorno all’altra per formare una struttura globulare tridimensionale di stupefacente complessità. Un modello di molecola di emoglobina assomiglia a un denso cespuglio di rovi. Ma, diversamente da un vero cespuglio, non è una struttura improvvisata, ma una precisa struttura invariante, ripetuta in modo identico, senza neanche un pezzettino o una curva fuori posto, più di seimila milioni di milioni di milioni di volte in un corpo umano medio. La precisa forma a cespuglio di una molecola di proteina come l’emoglobina è stabile nel senso che due catene che consistono delle stesse sequenze di aminoacidi tenderanno, come due molle, ad assestarsi esattamente nella stessa struttura di spirale tridimensionale. Nel vostro corpo, dei cespugli di emoglobina si stanno assestando nella loro forma “preferita” ad una velocità di circa 4000 milioni di milioni al secondo, ed altre vengono distrutte alla stessa frequenza.

L’emoglobina è una molecola moderna, che uso solo per illustrare il principio che gli atomi tendono ad assestarsi in strutture stabili. La cosa importante è che, prima della nascita della vita sulla terra, potrebbe essere avvenuta qualche rudimentale evoluzione di molecole, grazie a normali processi di fisica e chimica. Non c’è bisogno di pensare ad una progettazione, ad uno scopo, o a una direzione di qualche tipo. Se un gruppo di atomi in presenza di energia si assesta in una struttura stabile, tenderà a restare in quel modo. La prima forma di selezione naturale fu semplicemente una selezione delle forme stabili e una scomparsa di quelle instabili. Non c’è niente di misterioso in tutto questo. Doveva succedere per definizione.

Da questo, naturalmente, non segue che si possa spiegare l’esistenza di entità complesse come le persone esattamente con gli stessi principi e niente più. È inutile prendere la quantità giusta di atomi e shakerarli insieme con l’aiuto di qualche energia interna, sperando che da soli si assestino nella struttura giusta, e che venga fuori Adamo! Con questa tecnica potreste produrre una molecola di qualche decina di atomi, ma una persona è fatta di più di 1000 milioni di milioni di milioni di milioni di atomi. Per creare una persona, dovreste scuotere il vostro cocktail-shaker biochimico per un tempo così lungo che l’intera età dell’universo sembrerebbe al confronto un battito di ciglia, ed anche allora non ci riuscireste. È qui che la teoria di Darwin, nella sua forma più generale, viene alla riscossa. La teoria di Darwin entra in gioco dove la storia della lenta costruzione delle molecole esce di scena.

Il racconto dell’origine della vita che sto per dare è necessariamente speculativo; per definizione, nessuno si trovava in quei paraggi ad assistere. Esiste un certo numero di teorie rivali, ma hanno tutte certe caratteristiche in comune. L’esposizione semplificata che darò non è probabilmente molto lontana dalla verità.

Non sappiamo quali materie chimiche prime fossero abbondanti sulla terra prima che comparisse la vita, ma tra le possibilità plausibili abbiamo l’acqua, il biossido di carbonio, il metano e l’ammoniaca: tutti composti semplici che sono presenti su altri pianeti del nostro sistema solare. I chimici hanno cercato di imitare le condizioni chimiche della terra giovane. Hanno messo queste semplici sostanze in una provetta ed hanno fornito una fonte di energia come la luce ultravioletta o una scintilla elettrica — una simulazione artificiale dell’illuminazione primordiale. Dopo qualche settimana di tutto ciò, nella provetta trovarono qualcosa di interessante: un lento brodo marrone contenente un gran numero di molecole più complesse di quelle inserite all’inizio. In particolare, sono stati trovati degli aminoacidi — i blocchi costituenti delle proteine, una delle due grandi classi di molecole biologiche. Prima di questi esperimenti, degli aminoacidi che si formano da soli sarebbero stati considerati una diagnosi della presenza della vita. Se fossero stati scoperti, diciamo, su Marte, la vita su quel pianeta sarebbe sembrata quasi una certezza. Nel nostro caso, però, la loro esistenza implica soltanto la presenza di qualche semplice gas nell’atmosfera e di qualche vulcano, o raggio di sole, o tempesta. Più di recente, simulazioni in laboratorio delle condizioni chimiche della terra prima dell’avvento della vita hanno prodotto sostanze organiche chiamate purine e pirimidine. Questi sono i blocchi costitutivi della molecola genetica, il DNA.

Processi analoghi a questi devono aver dato luce al “brodo primordiale” che i biologi e i chimici credono abbia costituito il mare di 3 o 4 mila milioni di anni fa. Le sostanze organiche si concentrarono localmente, forse in una poltiglia che si asciugava lungo le spiagge, o in piccole gocce sospese. Sotto l’ulteriore influenza di energia come la luce ultravioletta dal sole, si combinarono in molecole più grandi. Oggigiorno, delle grandi molecole organiche non durerebbero abbastanza a lungo da essere notate: sarebbero rapidamente assorbite e decomposte da batteri o da altre creature viventi. Ma i batteri e il resto di noi siamo arrivati tardi nella storia, e a quel tempo le grandi molecole organiche riuscivano a fluttuare indisturbate attraverso il brodo che si addensava.

A un certo punto, per caso, si formò una molecola particolarmente notevole. La chiameremo il replicatore. Il replicatore potrebbe non essere stata la molecola più grande o la più complessa di tutte, ma aveva la straordinaria proprietà di riuscire a creare copie di se stessa. Questo potrebbe sembrare un avvenimento molto improbabile. E lo era. Era straordinariamente improbabile. Nella vita di un uomo, cose così improbabili si possono trattare come impossibili, per tutti gli scopi pratici. Ecco perché non farai mai 13 al Totocalcio. Ma nelle nostre stime umane di cosa è probabile e cosa no, non siamo abituati ad avere a che fare con centinaia di milioni di anni. Se riempissi schedine ogni settimana per 100 milioni di anni, vinceresti molto probabilmente varie volte.

In realtà una molecola che fa copie di se stessa non è così difficile da immaginare come sembra sulle prime, ed è dovuta nascere una volta sola. Pensate al replicatore come a una formina o uno stampino. Immaginatela come una grande molecola fatta di complesse catene di vari tipi di blocchi costitutivi. I piccoli blocchi costitutivi erano abbondantemente disponibili nel brodo che circondava il replicatore. Ora supponete che ogni blocco costitutivo abbia un’affinità verso il suo stesso genere. Allora, ogni volta che un blocco costitutivo dal brodo viene a contatto con quella parte del replicatore con cui ha affinità, tenderà a restare attaccato lì. I blocchi che si attaccano in questo modo saranno automaticamente disposti in una sequenza che ricopia quella del replicatore stesso. Allora è facile pensare che essi si uniscano per formare una catena stabile proprio come il replicatore originale. Questo processo potrebbe continuare per accatastamento successivo, dove ogni strato è costruito sopra l’altro. È così che si formano i cristalli. D’altra parte, le due catene potrebbero dividersi, nel qual caso abbiamo due replicatori, ognuno dei quali può continuare e produrre ulteriori copie.

Una possibilità più complessa è che ogni blocco costitutivo abbia affinità non verso il suo stesso tipo, ma verso un altro tipo ben preciso, e questo reciprocamente. Allora i replicatori agirebbero come uno stampo che produce non una copia identica, ma una specie di “negativo”, il quale a sua volta riprodurrebbe una copia esatta dell’originale positivo. Per i nostri scopi non importa se il processo di replicazione originale sia stato positivo-negativo oppure positivo-positivo, sebbene valga la pena di notare che gli equivalenti moderni del primo replicatore, le molecole di DNA, usano la replicazione positivo-negativo. Ciò che conta è che improvvisamente era nata nel mondo un nuovo tipo di “stabilità”. In precedenza, è probabile che nessuna molecola in particolare fosse molto abbondante nel brodo, perché ognuna di esse dipendeva da blocchi costitutivi che si dovevano assestare per caso in una ben precisa configurazione stabile. Ma appena nacque il replicatore, deve aver diffuso rapidamente le sue copie per tutto il mare, fino a che i piccoli blocchi costituenti divennero una risorsa scarsa, ed altre grandi molecole si formavano sempre più raramente.

Così sembra che siamo giunti ad una situazione di stallo, con una grande popolazione di repliche identiche. Ma adesso dobbiamo menzionare un’importante proprietà di qualunque processo di copiatura: non è perfetto. Avvengono degli errori. Spero che non ci siano errori di stampa in questo libro, ma se cercate attentamente potreste trovarne un paio. Probabilmente gli errori non distorceranno seriamente il significato delle frasi, perché saranno errori di “prima generazione”. Ma immaginate quando la stampa non era stata inventata, e i libri come i Vangeli venivano copiati a mano. Tutti gli scrivani, per quanto attenti, faranno irrimediabilmente qualche errore, e alcuni di essi cederanno alla tentazione di fare qualche “miglioramento” a fin di bene. Se copiassero tutti da una singola matrice originale, il significato non sarebbe pervertito granché. Ma se le copie sono fatte da altre copie, che a loro volta furono fatte da altre copie, gli errori cominceranno a diventare cumulativi e seri.

[continua]

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